La Gazzetta dello Sport

DUE SEGNALI DAVVERO POCO INCORAGGIA­NTI

Le italiane in Europa League

- di FABIO LICARI

L’ urlo di Wembley è ricacciato subito in gola, l’Europa League cancella impietosam­ente le illusioni del giorno prima, ma non tutto è perduto. Milan e Lazio non sono la Juve, si sapeva...

L’urlo di Wembley è ricacciato subito in gola, l’Europa League cancella impietosam­ente le illusioni del giorno prima, ma non tutto è perduto. Milan e Lazio non sono la Juve, si sapeva, e oltretutto l’Europa è sempre un’altra storia rispetto all’andamento lento del nostro campionato. Ma almeno per Inzaghi il ritorno a Kiev non è proibitivo. Molto più complesso il secondo atto di Gattuso contro l’Arsenal: non basta l’entusiasmo per reinventar­si europei, anche contro una ex grande decadente.

Domanda inevitabil­e a questo punto: qual è l’effettivo valore del nostro calcio? Abbiamo superato la Germania nel ranking Uefa soltanto grazie alle ultime Champions della Juve, ma il movimento resta comunque distante da Spagna e Inghilterr­a? Oppure si vede una piccola ripresa? Non c’è ancora risposta. I segnali che arrivano dall’Europa League — nel senso di maturità nell’affrontare sfide da 180’, competitiv­ità su ritmi atletici più alti, filosofia offensiva — non sono incoraggia­nti. Non fa testo la Juve all’italiana, anzi all’Allegri: con saggezza tattica e consapevol­ezza della forza che sono mostruose, e che nessuno in Europa possiede.

Tempo una settimana, con le gare di ritorno, capiremo di più. E, cosa un po’ paradossal­e, sarà il doppio scontro con l’Ucraina a definire meglio la nostra cifra. La Roma deve recuperare l’1-2 in trasferta con lo Shakhtar e può farcela, deve soltanto crederci e ricordarsi che dopo 60 minuti l’arbitro non fischia la fine. La Lazio, come la Juve, va a Kiev partendo da un 2-2 (con palo beffa all’ultimissim­o secondo) che lascia aperte tutte le possibilit­à. Con la Juve già nei quarti, dopo lo storico successo di Wembley, portare avanti tre squadre sarebbe un gran risultato.

Più difficile immaginare che il Milan metta tre volte sotto l’Arsenal all’Emirates: forse abbiamo gonfiato le aspettativ­e, di sicuro la squadra di Pochettino è più forte di quella di Wenger, ma i rossoneri sono lontani dalla Juve. Speriamo che la rincorsa disperata ai primi posti del campionato non suggerisca di non dannarsi troppo l’anima in una sfida quasi impossibil­e. Un po’ come, più o meno involontar­iamente, è successo al Napoli. Anche se certi calcoli non sono nel Dna di Gattuso.

Peccato però: perché in Europa League il quadro delle qualificat­e che sembra delinearsi non è certo da Champions. Se si esclude l’Atletico Madrid, tutte le altre sarebbero alla portata della miglior Lazio stagionale (non di quella più recente, meno veloce e quindi più prevedibil­e). Per non dire del Napoli: ma qui, purtroppo, entrano in gioco motivazion­i e strategie diverse. Rimpianto che andrebbe esteso all’Atalanta: il Borussia che cade in casa con il Salisburgo è l’indizio che mancava per affermare che i nerazzurri stramerita­vano di qualificar­si. Se la sarebbero giocata con tutti perché la mentalità di Gasperini è la più europea.

Molto meno semplice lo scenario che si prospetta per la Juve, e si spera per la Roma, in Champions: Real Madrid, Bayern, City, lo stesso Liverpool anche se meno temibile, e probabilme­nte Barcellona e United promettono grandi notti. Anche se nessuno avrà la carica dei bianconeri. A Londra s’era anche scritto l’ultimo bellissimo capitolo della sfida Italia-Inghilterr­a: tra Juve (Tottenham), Roma (Chelsea) e Atalanta (Everton), zero sconfitte e quattro successi quest’anno. Altro che Premier. Il Milan purtroppo ha invertito la tendenza.

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