Milionari depressi «Siamo essere umani Non nascondiamoci»
●De>ozan, Love, Oubre e Bosh rendono pubblica la loro lotta L’ala di Toronto:«La gente ci crede invincibili, ma non lo siamo»
La schiera dei giocatori Nba depressi s’ingrossa. L’ultimo a farsi avanti è stato l’ex ala dei Toronto Raptors e Miami Heat Chris Bosh, dopo che DeMar DeRozan (Raptors) era stato il primo a confessare il suo disagio mentale il mese scorso, seguito da Kevin Love (Cavaliers) e da Kelly Oubre (Wizards). Come se questo particolare «coming out» portasse sollievo alle loro pene mentali. Chi si è aperto dice esattamente questo: che condividere la propria debolezza aiuta a essere più forti.
BIG 3 La situazione di Bosh è forse la meno sorprendente, perché non gioca da quasi due anni e soffre del tipico male che spesso colpisce gli ex: non riuscire ad adattarsi alla nuova vita. Era stato uno dei Big Three di Miami, insieme a LeBron James e Dwyane Wade, 11 volte All Star, aveva vinto due titoli con i Heat, un oro olimpico (a Pechino 2008) e il ritiro non l’aveva pianificato. La sua carriera si è interrotta bruscamente, causa una diagnosi maligna: a febbraio 2015 gli avevano trovato un grumo di sangue in un polmone. A ottobre era rientrato, ma a febbraio 2016 c’era stata un’altra diagnosi simile e impietosa: ancora un grumo, stavolta in un polpaccio. Fermato per sempre. L’altro ieri, Bosh ne ha parlato con Espn: «E’ come se stai guidando allegramente una Porsche e di colpo sparisci in una buca», ha detto malinconico. E’ la buca da cui non riesce a uscire. Ha spiegato:
«Ti senti improvvisamente dimenticato. Il telefono non squilla più, come se agli amici non importasse più di te. Mi siedo nel mio ufficio senza sapere che fare, come se non avessi più degli scopi. Perdo fiducia in me stesso. So che ciò in cui eccellevo, il basket, non lo posso più fare». C’è un senso di grande tristezza nell’ascoltare questo ragazzone di 2.11, 33 anni, ricco e famoso. Ma parlarne, spiegano, è terapeutico.
TWEET Chi ha scoperchiato questo scrigno fino a qualche settimana fa super sigillato è stato il play di Toronto, DeRozan. Prima con un tweet («La depressione tira fuori il meglio di me»), poi in un’intervista al Toronto Star: «La gente ci crede invincibili, ma siamo anche noi semplici esseri umani. I demoni mi arrivano dall’adolescenza». Quella che ha trascorso a Compton, il sobborgo infestato da gang e droga di Los Angeles: «Ho visto troppi miei coetanei buttare la loro esistenza, uccisi dalla droga e da qualche proiettile». E’ stata l’uscita di DeRozan a incoraggiare Love a scrivere un bellissimo pezzo sul sito «The Players’ Tribune» in cui rivelava di aver avuto un attacco di panico: «E’ accaduto contro Atlanta lo scorso 5 novembre – ha scritto l’ex giocatore di Ucla –: dolore allo stomaco, battiti altissimi, difficoltà a respirare. Non sapevo ciò che mi stava capitando. E’ come un infortunio a una mano o a una caviglia, ma non credevo che qualcosa di simile potesse succedere a me. La salute mentale è un male subdolo e invisibile, ma colpisce tutti: alti e robusti come noi o i più fragili». E’ la frase finale del suo pezzo che deve essere ricordata: «Se mi state leggendo, non pensate di essere strambi o diversi se condividete idee di questo tipo. Al contrario, potrebbe essere molto utile. Lo è stato per me». Love ha ringraziato proprio DeRozan che gli ha dato la spinta per uscire allo scoperto. E per la medesima ragione ha parlato anche l’ala dei Washington Wizards, Oubre: «Ho la faccia da pokerista e sono bravissimo a non far vedere le mie emozioni, perché mio padre mi ha insegnato a non mostrare mai le debolezze. Ma dentro di me c’è turbolenza. Chi ci vede da fuori, pensa che siamo dei supereroi e invece abbiamo gli stessi problemi della gente comune». La fila ora rischia di allungarsi: chi soffre faccia un passo avanti. Potrebbe essere di aiuto a tante altre persone.
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IL DAT O
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