Spalletti-Sarri, i «ragazzi» del ‘59
●Coetanei, adolescenti negli anni del calcio totale e stasera «obbligati» a vincere
Luciano Spalletti e Maurizio Sarri sono coetanei, tutti e due hanno compiuto 59 anni. Vengono dalla leva calcistica del ‘59 – 59enni del 1959, quando si dice la coincidenza perfetta – e da adolescenti hanno respirato l’aria del calcio totale. Avevano 15 anni quando l’Olanda di Cruijff incantò tutti al Mondiale nell’allora Germania Ovest. Hanno giocato quel calcio rivoluzionario, lo hanno assorbito e rielaborato nei percorsi da allenatori. Sarri ne ha fatto la stella polare del proprio cammino, Spalletti lo sbandiera di meno, ma affonda lì le sue radici. Lo Spalletti giocatore di Serie C era un mediano per metà «olandese»: non possedeva i piedi di Neeskens, ma correva, pressava, si inseriva. Di Sarri calciatore dilettante si hanno vaghe testimonianze, lo ricordano come un difensore un po’ scarpone. I due da tecnici si sono rifatti con gli interessi.
PRECEDENTI Spalletti e Sarri si sono affrontati quattro volte in Serie A, dal 2016 in poi. Stasera a San Siro il quinto faccia a faccia. Due vittorie di Spalletti, Roma-Napoli 1-0 dell’aprile 2016 e Napoli-Roma 1-3 dell’ottobre seguente. Un successo di Sarri, Roma-Napoli 1-2 del marzo 2017. Un pareggio, Napoli-Inter 0-0 nell’andata del campionato in corso. I numeri stanno con Spalletti, ma i numeri girano. La netta tendenza Spalletti delle prime volte è mutata nella leggera tendenza Sarri delle altre due, come se Sarri avesse capito le interferenze di Spalletti al giro-palla del Napoli e avesse trovato un’altra frequenza di possesso. Parte della critica bollò con la «c» di catenaccio la difesa attiva dell’Inter nello 0-0 di ottobre al San Paolo. In realtà quella sera gli spallettiani – per quanto pressati, e schiacciati su Handanovic - non buttavano via il pallone, cercavano sempre l’uscita ragionata e nei tempi morti del Napoli si rendevano pericolosi. In Serie A non c’è squadra che oggi possa competere coi sarriani per palleggio rapido e avvolgente, non ancora. Il disturbo organizzato e aggressivo resta l’unico antidoto. Otto giorni fa la Roma ha vinto a Napoli perché si è disposta con due linee serrate 4-5, quattro difensori e cinque centrocampisti. I tre mediani avevano la missione di pressare e sporcare la circolazione di palla scandita da Jorginho. Dzeko, il centravanti, e a tratti Nainggolan salivano a imbrattare l’impostazione dal basso di Koulibaly. Grande impalcatura su base difensiva, curioso che l’abbia approntata Eusebio Di Francesco, allenatore che potremmo definire post-olandese (era piccolo quando l’Ajax e l’Olanda imperversavano).
FRAGILITÀ Il Napoli è atteso a San Siro in schieramento quasi tipo. Proprio la Roma ha scoperto il punto di fragilità dei sarriani, dietro a sinistra. L’infortunio grave di Ghoulam ha abbassato il livello, Mario Rui il sostituto non è all’altezza del titolare, per propulsione offensiva e attitudine difensiva. Rui dovrebbe trovarsi davanti Candreva, ala smarrita dell’Inter, usiamo il condizionale perché da Spalletti ci aspettiamo un colpo di coda, qualcosa di inatteso, un rimescolamento tra fasce e trequarti: 4-2-3-1 solito o 4-3-3 a specchio? Rafinha, in settimana annunciato titolare tra le linee, siederà forse in panchina: il brasiliano attraversa una fase in cui rende di più se entra a gara in corso, i postumi del grave infortunio non lo rendono competitivo dall’inizio. Al suo posto Brozovic, scelta sensata, se non fosse per la tensione tra il croato e la gente interista. A centrocampo l’Inter è un rebus e non è un bene perché proprio lì, sulla capacità di smontare i triangoli del Napoli, la resistenza sarà tale o regredirà a desistenza. Vecino, Gagliardini o Borja Valero: comunque la si rigiri, centrocampisti compassati. Vecino può strappare sul lungo, non sul breve. Gagliardini possiede fisicità, manca di rapidità. Borja Valero deve remare contro affaticamenti e anagrafe. All’andata tutti e tre erano titolari, ma rispetto a cinque mesi fa l’Inter ha perso conoscenze di squadra. Le ritroverà? Per paradosso oggi gli spallettiani possono avvicinarsi meglio al Napoli che al Benevento: forti motivazioni, opposti obblighi di conduzione.
NO PRIGIONIERI Inter-Napoli non farà prigionieri, guai ai vinti e ai pareggianti. L’Inter deve vincere per tenere il passo di Roma e Lazio nella corsa Champions, il Napoli per non rischiare di essere scavalcato dalla Juve in vetta. I bianconeri hanno una partita in meno, il sorpasso sarebbe devastante sul piano psicologico. Ai primi di gennaio del 1959, anno di cui si parlava all’inizio, i barbudos di Fidel Castro entrarono a L’Avana e presero Cuba. Riuscirà il 59enne Sarri a completare la sua rivoluzione? San Siro qualcosa dirà.
LE ZONE CALDE
Il centrocampo dell’Inter è un rebus, ma lì si deciderà quasi tutto
Senza Ghoulam, il Napoli soffre dietro a sinistra: Mario Rui il lato debole?