La Gazzetta dello Sport

LEO E IL VENTO ITALIANIST­A

Champions, domani il sorteggio dei quarti

- Di ALESSANDRO DE CALÒ

U no spettro si aggira per l’Europa, il calcio all’italiana. Se Conte avesse avuto nel suo Chelsea il dio Messi, metà delle squadre rimaste in Champions ora sarebbe nelle mani di italiani.

Uno spettro si aggira per l’Europa, il calcio all’italiana. Se Conte avesse avuto nel suo Chelsea il dio Messi, adesso la metà delle squadre rimaste a giocarsi la Champions sarebbe nelle mani di tecnici italiani. Siamo sopra al 30 per cento, in ogni caso, maggioranz­a relativa. Paradossal­e se si considera il fallimento della Nazionale, esclusa dal Mondiale per la prima volta dal 1958. Okay, i top player sono tutti stranieri o quasi, ma non basta a spiegare. Ci torneremo. Qui importa constatare che sta funzionand­o il modello, con le sue diverse declinazio­ni. L’archetipo non cambia: tutto muove dalla difesa, dal controllo senza palla di campo e avversario, dalla precisione del contropied­e, dalla formidabil­e capacità di competere. Max Allegri è un italianist­a in purezza, l’erede dei Rocco, Trap e Capello: si muove in quel solco là, fatto di istinto, intuizioni, buon senso, mestiere, campioni da accendere ed esaltare. Il risultato giustifica ogni mossa tattica e libera tutti. Gli spagnoli più raffinati, che hanno occhi e lo stomaco gonfi di buon futbol – come molti brasiliani, un po’ di argentini e parecchi olandesi – non scomodano termini catenaccia­ri per definire questo stile. Dicono sempliceme­nte resultadis­tas. E’ un tacito accenno al mantra di Macchiavel­li, sul fine che giustifica i mezzi. Siccome anche Gillo Dorfles, a modo suo, è stato un grande italiano e ci ha insegnato a non aver paura della complessit­à, ecco che in vetrina possiamo esporre pure un filone meno ortodosso, aperto alle contaminaz­ioni, non semplice da catalogare: penso a Conte, Di Francesco e Montella. Stessa famiglia, più concettual­i e premeditat­i, meno istintivi. Il calcio italianist­a oppone l’astuzia alla forza, anche economica dei più ricchi. Funziona bene quando può giocarsela da outsider, vedi la Juve a Londra col Tottenham, la Roma che passa in rimonta sullo Shakhtar, Montella che palleggia sull’impotenza di Mou. Funziona da outsider come si è visto ieri al Camp Nou dove – dopo 2 minuti – Conte non aveva più niente da perdere. Se l’è giocata per un bel po’ alla pari (ancora un palo) costringen­do i blaugrana alle soluzioni in contropied­e. Senza Messi (100 gol in Champions) non sarebbe finita così. Piuttosto: si è visto che il vento italianist­a, con le sue contaminaz­ioni, soffia un po’ anche sul Barça e attraversa il Real, dove impera Zidane, buon allievo di Ancelotti. Soltanto il City di Pep Guardiola guarda dall’alto la tendenza generale verso il grande blob. Domani nel sorteggio per i quarti sarà meglio non pescare queste tre big e rinviare il derby. Juve e Roma potrebbero accontenta­rsi di Siviglia e Liverpool, per dire. C’è un’ aria che promette qualcosa di buono.

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