La Gazzetta dello Sport

CI VUOLE LA VAR IN EUROPA

Soltanto la Lazio entra nei quarti di Europa League

- Di SEBASTIANO VERNAZZA

L azio sì, Milan no, ma il Milan è stato scippato: sul più bello, sull’1-0 a favore in casa dell’Arsenal, si è visto fischiare contro il «non rigore» dell’anno.

Lazio sì, Milan no, ma il Milan è stato scippato: sul più bello, sull’1-0 a favore in casa dell’Arsenal, si è visto fischiare contro il «non rigore» dell’anno. Protagonis­ti il tuffatore inglese Welbeck e due svedesi, l’arbitro Eriksson e l’addizional­e Ekberg. Cognomi familiari, Eriksson rimanda a Sven Goran ex allenatore di diversi nostri club, Ekberg ci ricorda la bellissima Anita della «Dolce Vita» di Fellini, però negli ultimi tempi con gli svedesi abbiamo qualche problema: a novembre fuori dal Mondiale per causa loro, ora il rigore ridicolo dell’Emirates. Una variante della sindrome di Stoccolma, diciamo.

Tre squadre italiane nei quarti delle coppe europee, Juve e Roma in Champions, Lazio in Europa League, evento che non si verificava da tre anni, quando le proporzion­i erano invertite, una formazione in Champions (Juve) e due in Europa League (Fiorentina e Napoli). Oggi in EL è rimasta soltanto un’italiana, a conferma della nostra scarsa intesa con la nipote della Coppa Uefa. Non l’abbiamo mai vinta dal giorno in cui ha cambiato nome, nel 2009, e auguriamo alla Lazio di colmare il buco. Non sarà facile, ma l’autorevole­zza della squadra di Inzaghi in Ucraina spinge all’ottimismo, quantomeno per un approdo alle semifinali. La Lazio veniva dal 2-2 dell’Olimpico all’andata, risultato difficile da maneggiare. A Kiev ha giocato da squadra matura, consapevol­e. Ha attaccato con criterio, senza concedere spazi alla Dinamo. Ha colpito nei momenti giusti, fondamenta­le il 2-0 a meno di dieci minuti dalla fine perché si era entrati in una fase ad alto pericolobe­ffa: sarebbe bastata una disattenzi­one all’ultimo momento per ritrovarsi sull’1-1 e scoprirsi eliminati dai due gol in trasferta degli ucraini, a Roma. La Lazio ha mostrato mentalità.

Il Milan a Londra ha tirato fuori la sua vena internazio­nale, lo spirito delle sette Champions in bacheca. Nessuna paura scenica dell’Emirates, ha giocato come doveva, con piglio e convinzion­e. Neppure il rigore farlocco ne ha smorzato la voglia di impresa. Soltanto la papera di Donnarumma per il raddoppio dell’Arsenal ha spento i rossoneri, il 3-1 conclusivo è ingiusto nel profondo. Il replay del non rigore va somministr­ato in dosi massicce alle anime belle dell’ antiVar, quelli che «il monitor a bordo campo interrompe le emozioni». Vogliamo credere che con la voce del varista nell’orecchio, e senza un addizional­e in confusione, l’arbitro Eriksson non avrebbe fatto scempio dell’evidenza e la serata si sarebbe incamminat­a su altri sentieri. Siamo nel 2018, il Medioevo è finito da un pezzo, l’Uefa è pregata di accelerare l’introduzio­ne della Var nelle coppe europee.

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