La Gazzetta dello Sport

Immobile cambia maglia «Le cose più belle con la 17»

●Indispensa­bile con Ventura, titolare con Di Biagio: «Il Mondiale è la macchia, ma ripartiamo. Klopp mi ha insegnato a non mollare»

- Andrea Elefante INVIATO A FIRENZE PRESENZE

BOMBER LAZIO CRESCIUTO NELLA JUVE Ciro Immobile, attaccante della Lazio, 28 anni. Cresciuto nella Juventus, poi Siena, Grosseto, Pescara, Genoa, Torino, B.Dortmund e Siviglia

L’Italia non è mai stata così sua. E il paradosso, per Ciro Immobile, è che forse aveva anche pensato di averla persa. Diciamo che gli era entrato in testa il tarlo del timore. L’Italia intesa come campionato: un anno e mezzo di esilio, prima a Dortmund e poi a Siviglia, un mondo e un calcio che sentiva stretti anche se gli stavano allargando altre conoscenze, come ammise più avanti: «Klopp mi ha insegnato una cosa importante: a non mollare mai».

L’ERA IMMOBILE E poi l’Italia intesa come Nazionale: all’inizio dell’era Conte giocò 6 gare di fila da titolare, ma il buio era dietro l’angolo. Un anno abbondante di apparizion­i sporadiche e marginali, tipo la partita contro l’Irlanda a Lilla, giugno 2016, l’unica dal 1’ all’Euro. Quel giorno giocavano tutte le riserve e infatti il torneo Immobile lo vide praticamen­te tutto dalla panchina. Come le prima tre gare della gestione Ventura, che però dalla quarta lanciò la «sua» coppia Belotti-Immobile. Con una doppietta in extremis alla Macedonia, Ciro stabilizzò una panchina che aveva rischiato di prendere una bella scossa. Ma non fu (solo) per quello che il c.t. inaugurò l’era Immobile, che dura tuttora. Di Biagio non sembra intenziona­to a cambiarne il corso.

HA FATTO 13 Quel giorno a Skopje iniziò una striscia aperta di 13 partite azzurre consecutiv­e, tutte da titolare. Le ultime 13 della Nazionale, senza saltarne una. L’unico. Buffon e Bonucci seguono con 11 partite a testa. E sembra indiscutib­ile la sua maglia anche domani contro l’Argentina. Con un altro numero sulle spalle, però. E Immobile lo ha raccontato ai microfoni Rai: «Le cose belle e importanti le ho sempre fatte con il 17: l’ultima volta ce l’aveva Eder, stavolta lo prenderò io». Non sarà l’unico modo per esorcizzar­e il demonio dell’eliminazio­ne mondiale che ha rivisto rientrando a San Siro con la Lazio («Ho giocato a Milano due volte e sono stati due shock») e che continua a inseguire chi era in campo contro la Svezia. Molti ci saranno anche domani sera a Manchester, con il peso di un debito sportivo sullo stomaco: «È la macchia della carriera, ce ne renderemo conto ancor di più quando inizierà il Mondiale».

LA MACCHIA Una macchia tanto più per lui, vano inseguitor­e di quei gol che avrebbero cambiato il nostro destino e quello di Ventura, «che non ho più sentito. Il calcio è così, strano: in entrambe le partite la palla “mezza e mezza” non è mai capitata nel punto giusto, al momento giusto e l’occasione che ho avuto io mi è stata salvata sulla linea». Ma neanche i rimorsi cambiano il destino, «e noi ne abbiamo riparlato solo per cercare di capire dove abbiamo sbagliato. Per rincuorarc­i e dirci che bisogna andare avanti. Buffon è qui anche per quello: per aiutarci a non abbatterci e ripartire».

LA SCARPA D’ORO Bella ripartenza, contro l’Argentina di Messi: «Anch’io dissi che sfidarlo è come giocare alla playstatio­n, quando nel 2015 ci fu la finale Barcellona-Siviglia per la Supercoppa europea: io in panchina, lui una doppietta. Anzi, due gol stupendi. Sui social mi scrivono che ha chiamato il figlio Ciro come me, mi accontente­rei di scambiarci due parole e stringergl­i la mano». E magari superarlo nella corsa per la Scarpa d’oro: «Ora siamo pari, sono lì e me la gioco. Ma Higuain non l’ha vinta con 36 gol: vuol dire che devi fare una stagione super». La sta facendo, al contrario di Belotti, l’ex gemello sorpassato e oggi sacrificat­o sull’altare di un 4-3-3 che «chiede» un solo centravant­i di ruolo: «Ma l’Italia ha bisogno di questa concorrenz­a per ripartire. Il Gallo lo sento spesso, abbiamo un rapporto raro nel mondo del calcio: ci sono momenti che hai una nuvolona sopra la testa e altri in cui splende sempre il sole, ma è giovane e il futuro della Nazionale è suo».

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