Il rimorso di Insigne: «Se avessi fatto gol...»
●Jorginho e Verratti promuovono la coesistenza. E Parolo ammonisce: «Continuando a essere negativi non si va da nessuna parte»
Forse la partita è girata lì, su quell’occasione divorata da Insigne ad inizio ripresa. «Mi spiace non aver fatto gol - è il rimorso dell’attaccante - più per il risultato che per me: abbiamo fatto una buona gara, perdere con due gol di scarto non ci sta. Ma loro sono una squadra già avviata, noi stiamo cercando di ripartire e li abbiamo messi anche in difficoltà: se avessi segnato io, o Immobile, poteva finire diversamente. Blocco psicologico per la doppia ferita di novembre? Se continuiamo a pensare al passato non si ripartirà mai».
INTESA Lo spiega anche Mattia De Sciglio: «Serve più lavorare che essere negativi. Certo, se avessimo segnato ad inizio ripresa magari non staremmo qui a parlare di un 2-0. Ma anche nel primo tempo avevamo avuto qualche occasione, e altre duetre volte ci è mancato solo il passaggio finale». E il perfezionamento dell’intesa Jorginho-Verratti: «Possiamo migliorare - ha detto il regista del Napoli - ma ci siamo trovati bene nello scambio dei ruoli e negli uno-due. Il 4-3-3 è un sistema di gioco che va bene per le caratteristiche di tanti di noi, l’importante è avere coraggio». E Verratti ha contraccambiato: «Jorginho vede il calcio come me, gli piace giocare palla a terra: guardiamo la prestazione, non il risultato». NEGATIVITÀ Di Biagio ha provato a cambiarlo anche con Cutrone: «Con me e Chiesa il c.t. ha voluto dare spazio ai giovani: io cercherò di metterlo in difficoltà, come stasera ho cercato di aiutare la squadra, che è il primo compito di un attaccante». Il compito di un «esperto» di Nazionale come Parolo invece è non disperdere energie: «Continuare a essere negativi non serve, altrimenti il calcio italiano non andrà da nessuna parte. Con un nuovo sistema di gioco è stato difficile trovare le distanze e gli equilibri giusti. Ma se in quattro giorni di lavoro fossimo stati perfetti, sarebbe stato preoccupante per una candidata al titolo mondiale come l’Argentina. Nella ripresa dovevamo essere più bravi a tenere alta la concentrazione».
ERANO TUTTI ASTORI Davide Astori l’aveva messa 14 volte e i suoi compagni lo hanno voluto ricordare indossandola tutti: una maglia azzurra numero 13, con la scritta Astori sulle spalle. Sono entrati in campo così, e così hanno cantato l’inno abbracciati, mentre il tabellone dell’Ethiad Stadium mostrava una foto gigante di Davide. L’emozione si è letta negli occhi di tutti, da quelli di Buffon che ha cantato tenendoli chiusi a lungo, a quelli lucidi di Federico Chiesa. «Glielo dovevamo - ha detto De Sciglio - ma su Asto abbiamo detto tutto: qualunque altra parola sarebbe superflua».