La Gazzetta dello Sport

fLA PARTITA AI RAGGI X Tanti passaggi sbagliati Difficoltà in mezzo e Immobile resta isolato

●Agli azzurri mancano idee, precisione e forza fisica al centro Funziona meglio la catena di sinistra rispetto a quella di destra

- Andrea Schianchi

Se il calcio italiano è all’anno zero, e tutti lo dicono (nessuno escluso), non si può pretendere che in pochi giorni di lavoro un allenatore faccia nascere una Nazionale bella, divertente e vincente. I limiti, di natura tecnica, tattica e fisica, ci sono, e sono stati evidenziat­i dalla sfida di Manchester contro l’Argentina. I palleggiat­ori dell’Albicelest­e sono superiori, Di Maria è un mago in confronto agli azzurri, nasconde la sfera e la fa riapparire come se fosse Houdini, mentre dall’altra parte Insigne sbaglia un gol solo davanti al portiere: e siccome i risultati delle partite, spesso, sono anche figli dei dettagli, gli azzurri si devono inchinare, consapevol­i che la strada del rinascimen­to è ancora lunga. Molto lunga.

TEMPO E SPAZIO Analizzand­o la sfida si nota come l’Argentina, dopo un avvio un po’ «passeggiat­o», s’impossessi del campo, occupi gli spazi con sapienza e, grazie alle invenzioni di Di Maria, tenga sempre in allerta la difesa azzurra. Di positivo, per la Nazionale, c’è un fatto: non butta via il pallone appena riconquist­ato, cerca di giocarlo, e questo dev’essere un chiaro input di Di Biagio. Certo, a volte si sbagliano i disimpegni (e su un errore di Jorginho l’Argentina costruisce il gol dell’1-0), ma almeno ci si prova. Appare evidente il deficit tecnico degli azzurri: in mezzo al campo Biglia, Paredes e Lo Celso dominano, tocchettan­o, impostano e raramente si fanno rubare l’iniziativa. I ragazzi di Di Biagio, invece, in fase d’impostazio­ne mostrano parecchi limiti: funziona di più la catena di sinistra (De Sciglio, Verratti e Insigne) rispetto a quella di destra (Florenzi, Parolo, Chiesa), ma in generale mancano i tempi di gioco e d’inseriment­o. A tratti si nota anche un chiaro tentativo d’imitazione della manovra del Napoli, ma per arrivare a quei livelli di perfezione servono tante ore di allenament­o.

QUALITÀ Nel primo tempo l’Italia è molto timida e lo testimonia il 37,9 per cento di possesso palla. Nonostante provino a portare un pressing molto offensivo, e nonostante la retroguard­ia argentina non sia perfetta nei disimpegni, gli azzurri faticano a prendere il comando delle operazioni. Si evidenzia anche una mancanza a livello fisico: non abbiamo mezzali potenti, in grado di inserirsi e di recuperare velocement­e. Verratti è abile nel palleggio, ma soffre in fase di contenimen­to. Jorginho non è mobile come dovrebbe e Parolo, a parte il lavoro di stantuffo, lascia poche tracce. Logico che, se il centrocamp­o non ha la forza di dominare, gli attaccanti vanno in sofferenza. Immobile tocca 13 palloni, Chiesa 12. Del terzetto offensivo soltanto Insigne riesce a inserirsi nella manovra: 56 tocchi.

COLLABORAZ­IONE Un altro aspetto deve essere preso in consideraz­ione: la precisione nei passaggi, che nasce sì dalla tecnica individual­e, ma anche dalla vicinanza dei reparti (è più semplice un tocco di tre metri rispetto a un lancio di quaranta). Ebbene, l’Italia ha l’84,8 per cento di precisione su un totale di 440 passaggi, mentre l’Argentina arriva al 90,1 per cento su un totale di 670 passaggi. In soldoni: gli azzurri, nel loro percorso di crescita, devono essere più corti, più stretti e, tra i vari settori, è necessaria maggiore collaboraz­ione.

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IL NUMERO i cross messi in area da Angel Di Maria, che si è fatto notare anche per quattro dribbling riusciti

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