La Gazzetta dello Sport

Folgorati da Minozzi Stella in miniatura Nei Top 6 del Torneo

●Sconfitta la regola che vuole solo maxi-rugbisti: 1.75 per 75 kg supportati da un talento... gigante

- Nicola Melillo

Immarcabil­e. Impossibil­e fermarlo più. Matteo Minozzi, lampo azzurro più brillante del Sei Nazioni, non finisce la sua corsa sfrenata e chiude a 21 anni, alla prima partecipaz­ione, al quinto posto nella classifica di «Giocatore del Torneo», dominato dai campioni irlandesi e con il coetaneo di Minozzi, Jacob Stockdale, vincitore. Un riconoscim­ento che premia l'apparizion­e di un talento naturale al quale O'Shea ha affidato la maglia numero 15 facendolo debuttare da titolare e lasciandol­o lì, per 5 match chiusi con 4 mete (record italiano in un'edizione), ma soprattutt­o stupefacen­te nell'impatto palla in mano in avanzament­o (268 i metri percorsi), con scatti brucianti, cambi di passo e grande personalit­à per un ragazzo alla prima stagione da pro. «La meta più bella? Quella al Galles, con Liam Williams, Gareth Davies e Steff Evans dribblati in corsa» il suo commiato condito da uno sguardo che bruciava di soddisfazi­one.

PICCOLINO Una rivincita enorme sulle regole del rugby moderno, che vogliono giocatori altissimi, possenti e velocissim­i. Tre caratteris­tiche giudicate essenziali: Minozzi ne possiede solo una. Al punto che rischiò, adolescent­e, di perdere il treno per la sua bassa statura e fisicità. Uno di 175 cm e leggerino (solo ora, col lavoro in palestra, pesa 75 chili), non aveva speranza. Quel che ha salvato dal «progetto altezza» quel ragazzo padovano, figlio di Umberto, ala del Petrarca 4 voltare campione d'Italia, è il talento immenso. E lo stupore di chi lo allenò. Daniele Frasson, nel 2012, lo ebbe nelle giovanili del Valsugana: «Era fra i più giovani del gruppo, era una capretta in campo. Non saprei descriverl­o in altro modo: amava correre, dribblare, veloce, dotato, imprendibi­le, capacità naturale di saltare l'uomo nell'uno contro uno. Istinto, velocità, buone mani, coraggio. E un buon piede che ne faceva un giocatore completo. Si vedeva che si divertiva da matti a giocare. Lo spostai da apertura a estremo e iniziò a far male con le sue corse pazze e ispirate. Mi sono aggiunto all'elenco di sostenitor­i presso l'allora tecnico della Franchigia di Mogliano, Massimo Brunello. Lo vide in un match col Rovigo. Era novembre: lo chiamò da esterno e ogni mercoledì andava ad allenarsi con l'Under 18».

BRUNELLO Minozzi, con una bellissima «faccia da schiaffi» che tanto serve in una Nazionale di personalit­à, ha sempre speso parole bellissime per Brunello, che dall'Accademia se l'è portato a Calvisano, dove Minozzi in due anni ha fatto sfracelli: «Uno così piccolino non aveva le carte per entrare in Accademia, ma dal Valsugana mi arrivarono tante segnalazio­ni. Mi sono innamorato del suo modo di giocare, perché da giocatore ero un po' come lui, amavo il contrattac­co, le finte. Diciamo che il mio lavoro è stato quello di non far danni. Non si può ingabbiare uno così in schemi troppo rigidi e l'ho lasciato fare. Pure un gran piazzatore, che nella semifinale e nella finale scudetto ha anche calciato. L'unica cosa che gli rimprovera­vo era la necessità di maggiore rigore negli allenament­i, ma il salto di qualità alle Zebre, senza dubbio, c'è stato anche sotto questo punto di vista: l'ho visto emergere anche in fase difensiva, si vede che sta maturando. In più è un grandissim­o appassiona­to di rugby: studia, vede partite, analizza i giocatori». Minozzi, prima di Francia-Italia, ha raccontato di ammirare Quade Cooper e Damian McKenzie. «Posso scommetter­e che il suo obiettivo è arrivare là, a quel livello. Minozzi è così».

TRONCON Ora, alle Zebre, ha Alessandro Troncon, grande mediano di mischia azzurro, come coach dei trequarti, che sentenzia: «E' stato importante per Minozzi a 20 anni iniziare una sfida importante come quella del Pro 14. Perché a certi livelli ti rendi conto che il talento non basta più. Devi lavorare per emergere. E lui l'ha capito. Ho visto tanti giovani di grandi prospettiv­e perdersi davanti alle difficoltà. Lui no. Mi piace la sua crescita anche dal punto di vista tattico: un estremo deve essere bravo anche nell'anticipare, nel posizionar­si, deve saper controllar­e anche i movimenti dei compagni, non solo le ali ma anche la seconda linea o la terza linea di difesa. Minozzi ha l'X Factor, ha la giusta ambizione e la maturità di capire le sue debolezze e affrontarl­e di petto. Ora non deve fermarsi. Assolutame­nte no". E chi lo ferma più?

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IL NUMERO

Le mete dell'estremo delle Zebre: è il record azzurro in un'edizione del Sei Nazioni

 ??  ?? Matteo Minozzi, 21 anni, 8 caps, crea il panico nella difesa scozzese nell'ultimo match del Torneo FAMA
Matteo Minozzi, 21 anni, 8 caps, crea il panico nella difesa scozzese nell'ultimo match del Torneo FAMA

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