Leonard e gli Spurs fumata nera Non torna
●Non guarisce mai: nemmeno un summit con la squadra lo convince
Nell’Era di Gregg Popovich, nessuno ricordava a San Antonio una situazione di sofferenza come in questa stagione. La classifica meno brillante del consueto, certo, ma non solo. Anche malumore e divisione in quello che è sempre stato lo spogliatoio più coeso della Nba. Da vent’anni, gli Spurs vengono indicati come l’esempio da seguire: l’era Popovich, appunto. Ogni anno ai playoff fra il 97/98 e la stagione passata, da 18 campionati almeno 50 vittorie, a cui si aggiungono i cinque titoli conquistati e una finale. Ma fra l’inizio di febbraio e la metà di questo mese, per la prima volta gli Spurs si sono ritrovati in una posizione insolita: il rischio di non andare alla post-season. Una serie di 14 partite in cui sono incappati in 12 sconfitte: la loro efficienza difensiva precipitata dal 2° al 22° posto. Passi a vuoto contro Golden State e Houston, ma anche contro Nuggets e Jazz (due volte), due avversarie più abbordabili, ma dirette concorrenti. Ora le cose si sono sistemate, grazie pure a cinque successi consecutivi (non è incluso il match di ieri notte con Utah), ma delle loro ultime nove gare, le ultime sette saranno contro squadre da playoff. Un calendario tosto. Dice Ettore Messina, assistente di Pop: «Non crediamo ancora di avere la qualificazione in tasca: dobbiamo pensare soprattutto alla qualità del gioco. C’è stato un momento in cui quella qualità è scaduta, in particolare sul fronte difensivo. Ma nessuno si sta facendo prendere dal panico e i ragazzi hanno risposto con senso di urgenza».
TRAGUARDO Salvo episodi clamorosi, l’unico pericolo concreto per gli Spurs è di non raggiungere il traguardo delle 50 vittorie, interrompendo la striscia da record, e dunque una posizione di vantaggio nei playoff. I problemi sembrano altri. Dall’inizio del campionato, a parte un breve rientro per 9 partite, San Antonio ha giocato senza la sua stella, Kawhi Leonard, causa una brutta lesione muscolare al quadricipite.
TENSIONE Una convalescenza lunghissima, che ha fatto discutere. Perché Leonard da gennaio, su consiglio di suo zio e del suo agente, ha deciso di rivolgersi a uno specialista di New York, abbandonando lo staff medico degli Spurs. Qui a San Antonio, un brutto sgarbo: nessuno aveva mai osato scartare i dottori della società. Quasi fosse una provocazione nei confronti del giocatore, il 22 febbraio Pop disse pubblicamente: «Non credo che Kawhi giocherà più in questa stagione». Così Leonard fu costretto a uscire allo scoperto e dichiarare che invece sarebbe tornato al più presto. Ma Leonard non è ancora tornato e sabato scorso gli Spurs si sono rinchiusi nello spogliatoio per un chiarimento. Pop, Messina e il resto dei tecnici lasciati fuori dalla porta. Un meeting solo per giocatori, che pare abbiano implorato Kawhi di ritornare sul parquet. Qualcuno come Tony Parker ha alzato la voce, ma il risultato non è noto. Anche se Manu Ginobili ha fatto intuire la verità: «Dobbiamo metterci in testa l’idea che non rientrerà. Perché questo tira e molla ci sta facendo buttare importanti energie nervose». E’ l’ennesima anomalia in un sistema che in vent’anni non ha mai subito scossoni. Ma Pop pare sereno. Al New York Times ha detto: «E’ semplicemente uno di quegli anni in cui le cose non sono andate bene come nel passato». Può bastare per spazzare via i problemi?