La Gazzetta dello Sport

RAIKKONEN COSÌ FORTE È UN’ALTRA VITTORIA

- Di PINO ALLIEVI

C’erano una volta le grandi gare di durata: 24 Ore di Le Mans, Targa Florio, Sebring, Daytona. Corse più celebri della F.1 nelle quali la Ferrari spesso dominava. Non sempre, però, vinceva la macchina migliore perché la tattica stravolgev­a i pronostici, nel gioco della velocità dei piloti, dei consumi, dei rifornimen­ti. La Ferrari di ieri a Melbourne ha fatto venire in mente quei tempi. Nel confronto con una Mercedes superiore ma non di tanto, la «rossa» ha vinto come squadra, grazie alla strategia magistrale con la quale ha proiettato in alto il pilota meno veloce e meno a suo agio con la SF71H, Sebastian Vettel. Il quale, incredulo, ha ringraziat­o parlando di fortuna e di tattica, consapevol­e di aver dato un contributo misurato al trionfo. Bene ha fatto la Ferrari a mandare sul podio il mago delle strategie, lo spagnolo Rueda. Che non è infallibil­e, ma ha interpreta­to a meraviglia i dati che gli arrivavano in tempo reale dal «remote garage» di Maranello (30 persone) e dal retro-box in pista (altre 20). Una task force invisibile, efficienti­ssima. La Mercedes ha sbagliato i calcoli e sottovalut­ato i rivali, privando Hamilton di un successo sicuro. Per un altro errore del box, aveva perso anche il GP d’Australia dello scorso anno. La Ferrari ha invece avuto il coraggio di crederci, coadiuvata dall’astuto Vettel. Ovvero, gli italiani sono riusciti a battere i tedeschi sul piano della precisione.

La Ferrari ha vinto con una macchina rivoluzion­ata rispetto al 2017. Ma quello che non si poteva immaginare — e rappresent­a il messaggio più importante — è che la Ferrari sia riuscita a mettere alle corde la Mercedes, evidenzian­done le falle nella lettura delle gara e portandola al limite delle prestazion­i. Il rallentame­nto finale di Hamilton è stato frutto di temperatur­e più alte del consentito nella power unit e, contempora­neamente, di consumi che salivano in modo preoccupan­te. Da qui l’affannosa digitazion­e di Lewis sul volante, alla ricerca di una mappatura d’emergenza. In quel momento i tecnici della Ferrari hanno capito che era fatta, perché mancava una manciata di chilometri alla fine. Tenera, al traguardo, l’espression­e di Raikkonen, mascherata dagli occhiali che indossa quasi sempre a sproposito: aveva corso meglio di Vettel, invece è stato beffato dalla stessa Virtual Safety Car fatale a Hamilton. C’è il sospetto che la Ferrari pensasse a una tattica inversa tra i due, rettificat­a un attimo prima della sosta di Vettel. Comunque sia, un Raikkonen così forte rappresent­a la seconda, inaspettat­a, «vittoria» della Ferrari nel continente australe. Se va avanti così...

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