Spalletti 2.0: bastone, lavoro e fantasia
●Meno sorrisi e più responsabilità ai giocatori, sedute dure e l’«azzardo» Brozo-Rafinha per la svolta Inter
«Il cambiamento l’ho visto prima della partita contro il Benevento». Luciano Spalletti ha battuto questo tasto prima e dopo la cinquina in casa della Samp. Ripensando a quei 70 minuti del Meazza in balia di Coda e Brignola – prima dell’uno-due di Skriniar e Ranocchia –, viene difficile credere al tecnico. Il vero polso di quello che succede ad Appiano però può averlo soltanto lui. E lui per primo nell’ultimo mese e mezzo è cambiato, alla ricerca di una scossa che riaccendesse la squadra.
PUNTO DI NON RITORNO Il k.o. col Genoa del 17 febbraio ha segnato un punto di non ritorno. Quella sera – peraltro l’unica senza Icardi e Perisic – l’Inter ci prova anche, ma perde su una carambola proprio di Skriniar e Ranocchia e su un gol dell’ex Pandev, dimenticato da Gagliardini e bravo a riciclare un tiro sballato di Laxalt. Episodi, si dice in questi casi, ma testimoni di poca grinta e attenzione. La squadra di Ballardini quella sera ha più fame e trascina dalla sua anche la fortuna. L’Inter invece sembra slegata, con diversi giocatori che vanno per conto proprio. Cosa che fa ammattire Spalletti, che non si capacita di come il lavoro e le indicazioni durante la settimana vengano stravolti in partita.
BASTA CAROTA E’ proprio in quei giorni che il tecnico di Certaldo si convince ad abbandonare la carota. A furia di carezze per tenere su un gruppo fragile e debole psicologicamente, la truppa si stava adagiando. La scossa, più del bastone, arriva con l’introduzione dei doppi allenamenti anche più di un giorno alla settimana (poi nel caso cancellati, ma solo perché i ragazzi prima avevano lavorato bene) e smettendo di fare per forza il compagnone che scherza e protegge il gruppo. Fino alla «sparata» post Napoli sulla qualità mancante con cui ha dato ai giocatori lo stimolo più grande e che li ha responsabilizzati definitivamente. Anche se occorre specificare che quel l’11 marzo – subito dopo il suo 59° compleanno e il 110° dell’Inter –, Spalletti non disse che i suoi non avevano qualità, bensì che ne avevano meno di Juve e Napoli. Dura dargli torto.
AZZARDO, ANZI NO Avendo constatato che la squadra rispondeva con gli occhi giusti e aveva ritrovato la compattezza mostrata fino a inizio dicembre, l’allenatore poi si è potuto permettere anche la virata su un centrocampo più creativo con quello che sembrava un doppio azzardo e invece si sta rivelando il colpo vincente. Se affronti un Napoli che gioca il miglior calcio in Italia con l’anarchico Brozovic davanti alla difesa e un Rafinha ancora senza i 90’ a legare centrocampo e attacco o sei «matto» oppure hai capito che i tuoi ragazzi garantiscono le giuste risposte.
BIG E STEVEN Ovviamente la ripartenza nerazzurra – peraltro da confermare nelle prossime uscite – non è legata solo a Spalletti. Intanto sono tornati a disposizione Icardi e Perisic ed è cresciuto Rafinha. Nella settimana che avrebbe dovuto portare al derby del 4 marzo – poi rimandato per la morte di Astori –, si era anche rivisto alla Pinetina Steven Zhang. Il figlio del chairman di Suning Jindong infatti per un po’ era rimasto lontano da Appiano anche per le critiche ricevute (non soltanto sui social) dopo la chiusura del mercato di gennaio. E la presenza a bordo campo della proprietà è stata un segnale importante. Ora sta a Spalletti e giocatori centrare un’impresa che manca da 7 anni: iniziare e chiudere bene la stessa stagione.
La sterzata prima del Benevento. Con le «carezze», infatti, la squadra si stava adagiando
Luciano cerca >un’impresa che manca da 7 anni: iniziare e finire bene una stagione