La Gazzetta dello Sport

«Devi essere un maestro in bici»

●Bartoli, re nel 1996, svela i segreti del Fiandre: «In discesa consumi quanto sui Muri»

- Claudio Ghisalbert­i twitter@ghisagazze­tta

DLA CHIAVE

Domenica 18 Muri: nel finale, due giri con Vecchio Kwaremont e Paterberg. Servono almeno 5000 calorie

iciotto Muri di pietre, così irregolari e mal messe che faresti persino fatica a farli camminando; 265 chilometri con il coltello sotto la sella. E, secondo le previsioni, con la pioggia a rendere quelle stradine viscide, infide, pericolose. Domenica, in Belgio, da Anversa a Oudenaarde questo sarà il teatro del Giro delle Fiandre numero 102. Ma come si corre la Ronde? Lo abbiamo chiesto a un maestro del pavé, Michele Bartoli che i Muri li spianò nel 1996. Il toscano era un corridore così bello, così elegante in sella, che non si scomponeva nemmeno sulle tremende rampe in pietra del Nord. Poi, una volta sceso dalla bici, ha aperto i libri, s’è messo a studiare e adesso è uno dei più apprezzati allenatori.

«La cosa più importante – attacca Michele – è che al Fiandre devi sempre stare nelle prime trenta posizioni. Già di per sé questo non è facile, bisogna essere dei maestri, e comunque a volte non è sufficient­e. Con stradine strette, curve e controcurv­e anche un miniventag­lio può fare male. Ti capita a volte di essere in settima posizione e sei già troppo dietro».

IDEA Non tutti in Tv percepisco­no cosa siano i Muri e come salgono i corridori che si giocano la vittoria. Non sempre si ha l’idea di cosa siano il Vecchio Kwaremont (2.200 metri al 4,2% e punte all’11) o il Paterberg (400 metri al 12,5% con punte al 20) dopo 250 chilometri di inferno. «Negli ultimi vent’anni – prosegue Bartoli - è cambiato il numero di rapporti a disposizio­ne e il sistema di pedalata. Io salivo a circa 75 pedalate al minuto, ora mediamente ne hanno dieci in più. Sui primi Muri serve più agilità per venirne fuori. Si usa un 39x25. Ma se devi fare lo scatto giusto credo si vada ancora sul 39x19, più o meno. Chi vince, fa il Paterberg a 500 watt di media. Una potenza impression­ante».

Ma come si deve pedalare?

«A me i Muri piaceva farli in piedi sui pedali. Però per riuscirci, e fare la selezione, non devi fare saltare la ruota posteriore, non devi perdere aderenza. Quindi serve un rapporto più duro. Invece le mani, per guidare meglio, sempre sulle leve».

Una tattica di gara così, a intensità notevole e senza un tratto di strada dove potere rifiatare un attimo, è molto logorante.

«Anche il consumo energetico è velocissim­o, perché c’è anche la tensione che contribuis­ce ad aumentare il dispendio energetico. Poi il percorso è così complicato che in discesa consumi quanto in salita. Al Fiandre si arriva a bruciare 5.000 calorie».

L’alimentazi­one?

«Nella prima parte, alimentazi­one classica, magari leggerment­e più proteica. Da metà gara si aumentano i carboidrat­i fino ad arrivare agli zuccheri a rapida assimilazi­one per il finale. In ogni caso, parliamo di una gara di sei ore e mezzo-sette, l’alimentazi­one deve essere molto completa».

Qualche segreto?

«Nella prima parte è bene pensare anche a soddisfare il palato. A me piacevano i “paninetti” con la nutella. Me ne mangiavo almeno tre. Poi bisogna alimentars­i dalla partenza, subito. La strategia migliore è una colazione leggera, senza abbuffarsi, perché meglio partire reattivi, più sciolti, più pronti. Se mangi troppo a colazione, il fisico lavora male».

E la bici? Come si prepara?

«Per Fiandre e Roubaix si dà molta importanza alla pressione dei tubolari. Io li volevo quasi in assetto da strada: 8 davanti, 8,5 dietro. Dovevo discutere con i meccanici per farmi ascoltare perché mi dicevano di tenerli meno gonfi. Però i tubolari erano speciali per il Belgio, più resistenti alle forature e con un maggiore grip. I tubolari si portano dietro il discorso ruote. Vent’anni fa, erano in alluminio con i raggi legati per maggiore rigidità. Se fossi Nibali, non avrei dubbi a usare cerchi a profilo alto in carbonio. La posizione, invece, non la cambiavo di un millimetro».

E per gli indumenti?

«Non ho mai gradito vestirmi molto e credo che ancora oggi non essere troppo coperti sia la cosa migliore. Anche in caso di freddo e pioggia non adottavo stratagemm­i particolar­i. Però mi pare importante tenere calde le estremità mani e piedi». Una sfida bestiale.

 ??  ?? Il Muur, o Grammont, simbolo del Fiandre: una volta era decisivo, ora è nella prima parte di gara, ma il fascino è sempre uguale. Sotto, Michele Bartoli, ora 47 anni, trionfa nel 1996 BETTINI
Il Muur, o Grammont, simbolo del Fiandre: una volta era decisivo, ora è nella prima parte di gara, ma il fascino è sempre uguale. Sotto, Michele Bartoli, ora 47 anni, trionfa nel 1996 BETTINI
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