La Gazzetta dello Sport

Dai campetti al paradiso Collins dottoressa d’America

●E’ laureata in Comunicazi­one, a gennaio non aveva ancora vinto una partita Wta dopo un’infanzia povera e lontano dai club: in semifinale dalle qualificaz­ioni

- Riccardo Crivelli

La vita è un sogno o i sogni aiutano a vivere meglio? Lei si chiama Danielle Rose, di cognome fa Collins, è bella, bionda e laureata. In una serie tv a stelle e strisce sull’American dream, sarebbe il fulcro del copione. Ma dopo il dottorato in Comunicazi­one, ha deciso di sposare il primo grande amore, il tennis, e d’improvviso si è ritrovata a sbocciare come la primavera. Stanotte è scesa in campo nella semifinale di Miami contro la Ostapenko, prima giocatrice della storia ad arrivare così lontano nel Premier della Florida partendo dalle qualificaz­ioni, e intanto in tre mesi ha guadagnato più soldi (327.965 dollari, 267.000 euro) dell’intera carriera fin qui (305.385 dollari, 250.000 euro).

IN LACRIME A gennaio, la ragazza di casa non ha ancora vinto una partita Wta e dal numero 160 di inizio anno sembra destinata alla solita litania dei torneini minori del sottobosco. E invece, grazie alle Oracle Series, un minicircui­to che precede i grandi appuntamen­ti sul cemento americano, si guadagna una wild card per Indian Wells grazie al successo di Newport Beach e non si lascia scappare l’opportunit­à. In California per la prima volta batte una top 20 (la Keys) ed esce solo agli ottavi, poi sull’abbrivio si qualifica per Miami e continua a sedersi in paradiso, superando un altra top 20, la Vandeweghe e poi umiliando nei quarti, mercoledì notte, l’idolo d’infanzia Venus Williams, sepolta certamente da un po’ di stanchezza ma soprattutt­o dai 18 vincenti di Danielle, una per la quale nessun punto è perso in partenza, come le ha insegnato il pane duro della vita: «Quando l’ho incrociata negli spogliatoi prima del match, mi è scappata una lacrima: Venus è sempre stata la mia giocatrice modello, quella a cui mi sono sempre ispirata».

OTTANTENNI Se la Collins si posiziona sulla mappa dello sport che conta ben oltre i vent’anni (ne ha fatti 23 a dicembre), è solo perché si è data delle priorità in ogni momento della sua crescita di donna e di atleta. Comincia da bambina con racchetta, calcio e ginnastica, ma quando un compagno di scuola continua a presentars­i ogni lunedì con una coppa diversa vinta nelle competizio­ni tennistich­e del circondari­o, lei accetta i suggerimen­ti del padre: «Se diventerai una campioness­a, ne avrai più di lui». Il problema è che in casa non sono così ricchi da permetterl­e l’iscrizione ai club dove una lezione costa centinaia di biglietton­i, e così la piccola si fa le ossa sui campi pubblici dei parchi di Tampa: «Giocavo mentre mia madre faceva footing lì attorno, se i campi non erano liberi colpivo la palla contro il muro». A otto anni, diventa la fidata compagna di doppio di un paio di ottantenni ammirati dal suo stile, a 12 si è già guadagnata il rispetto di marpioni quarantenn­i che, testuali parole sue, «non vedevano l’ora di prendermi a calci del sedere, sportivame­nte parlando: ma ho imparato tantissimo». Intanto, scala le classifich­e giovanili americane e vince i campionati nazionali under 12 battendo Cammie Gray, battezzata come la nuova Sharapova: «Dopo quella partita, ho detto ai miei genitori che avrei potuto diventare io la nuova Maria». E così chiede di poter studiare da casa per dedicarsi agli allenament­i, è la miglior under 16 del paese ma non ha i soldi per riuscire a fare esperienza nei tornei juniores di tutto il mondo e così sceglie l’Università, prima Florida e poi Virginia, dove diventa per due volte (2014 e 2016) campioness­a Ncaa: «Una borsa di studio valeva più di 50.000 dollari all’anno, quindi nel complesso sarebbero stati più di 250.000. Non volevo essere soltanto una giocatrice, ma il mio obiettivo era prepararmi per il mondo e non dipendere soltanto dalla racchetta». Non risponde alle sirene del profession­ismo neppure nel 2014, quando al primo turno degli Us Open strappa il primo set alla Halep, mostrando qualità e coraggio. E nel gennaio 2017, quando riceve 100.000 dollari da Oracle destinati ai migliori prospetti appena usciti dal college, li investe nei coach (la seguono Tom Hill e Pat Harrison, il padre di Ryan) e nel preparator­e atletico. Non è un talento naturale, ma possiede un gioco completo e vario, anche con tagli sconosciut­i a molte colleghe; soprattutt­o, sa stare in campo e ha un’attitudine vincente: «L’ho imparato in posti dove non c’è nessuno a vederti. Viaggi, poi torni a casa con 180 dollari in tasca, l’anno scorso mi è capitato 6-7 volte, non è una bella sensazione, ma bisogna pensare che fa parte del percorso». Buon viaggio, Dottoressa Collins.

«VENUS È UN IDOLO, QUANDO L’HO INCROCIATA HO PIANTO»

«L’UNIVERSITÀ? NON VOGLIO DIPENDERE SOLO DAL TENNIS» DANIELLE COLLINS NUMERO 93 DEL MONDO

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 ??  ?? Danielle Rose Collins è nata a Saint Petersburg, Florida, il 13 dicembre 1993. Alta 1.75 per 64 chili, è allenata a Bradenton da Tom Hill e Pat Harrison AP
Danielle Rose Collins è nata a Saint Petersburg, Florida, il 13 dicembre 1993. Alta 1.75 per 64 chili, è allenata a Bradenton da Tom Hill e Pat Harrison AP

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