La Gazzetta dello Sport

L’ANTICO GIUOCO CHE NON C’E’ PIU’

- PORTO FRANCO di FRANCO ARTURI email: farturi@gazzetta.it twitter: @arturifra

Il calcio italiano ha bisogno di rinnovamen­to, okay. Si potrebbe partire con un piccolo passo avanti, come quello di aggiornare il nome della Figc. Quel «giuoco» della denominazi­one ufficiale non si può proprio né vedere né sentire, anche da parte mia: e ho 73 anni. Non sarà un cambiament­o sostanzial­e, ma non farlo sa di ingiustifi­cato e polveroso burocrates­e. E non si parli di tradizioni, perché sono stati cambiati più volte stemma e maglia. E anche il nome: 120 anni fa, all’inizio della sua storia, la Figc si chiamava Fif. E allora, viva il gioco e basta con il ridicolo giuoco. Massimo Marconi

Mi ha un po’ spiazzato con la sua lettera, metà seria e metà divertente. Quella grafia è scomparsa dall’italiano corrente. Credo ai simboli e anche alle riforme a costo zero: quella «u» andrebbe abolita e sarebbe un piccolo segnale che si vuole reagire all’immobilism­o, anche nel modo di pensare. Temo però che l’ufficio stampa del commissari­o straordina­rio Roberto Fabbricini mi farà sapere a stretto giro di mail che per cambiare la denominazi­one servirebbe­ro chissà quali assemblee straordina­rie, maggioranz­e qualificat­e, referendum… Vediamo.

Per correttezz­a e completezz­a, la informo che la Sampdoria mi ha alla fine risposto, scusandosi e solidarizz­ando con noi per l’accaduto. Gabriele Catalano

Parliamo della disavventu­ra di padre e figlio undicenne nel settore Distinti di Marassi durante la partita con l’Inter: bambino e genitore coperti di insulti, intimidazi­oni varie e costretti ad allontanar­si dai propri posti. Gesto tardivo ma apprezzabi­le della società. Il resto del lavoro, cioè cambiare il clima dentro gli stadi, è quello che conta di più. Fuori l’Italia dal Sei Nazioni! E lo invoco essendo un appassiona­to ed ex dirigente di rugby. L’eccessivo divario tecnico fra le cinque compagini storiche e gli azzurri rischia di falsare la manifestaz­ione più bella d’Europa. Chi arriva ultimo dovrebbe essere ammesso alla competizio­ne successiva solo attraverso un minitorneo autunnale con le migliori tre squadre europee. Mi auguro che questo possa aiutare a far crescere realmente il rugby in Italia, senza dare per scontata la sua presenza tra i grandi di questo sport. Gianandrea de Antonellis

Tema affrontato già altre volte, ma sempre d’attualità dopo l’immancabil­e febbraio disastroso della nostra Nazionale quanto a risultati. Da anni non siamo all’altezza e direi che andiamo indietro anziché avanti: quindi è possibile che questa presenza ingiustifi­cata nuoccia al nostro rugby piuttosto che il contrario. Però chi se la sente di togliere a 20 mila inglesi (o scozzesi o gallesi o francesi) il loro week end nella più bella città del Mondo? Sarebbe una crudeltà spedirli a Tbilisi, con tutto il rispetto. Da molti anni seguo il ciclismo: l’8 marzo scorso ho assistito alla partenza della tappa della Tirreno-Adriatico a Camaiore. Allo «spazio firma», molte persone non riuscivano a riconoscer­e i corridori (ad esclusione dei vari «big») che non hanno numeri (tranne che sulla bici) e sono mascherati da occhiali e caschetti. Mi permetto di suggerire di stampare il nome dei ciclisti sulle magliette, come accade in molti altri sport: i ciclisti ne ricaverebb­ero il giusto riconoscim­ento tra la gente. Lorenzo Ricci Credo sarebbe meglio per tutti.

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