L’ANTICO GIUOCO CHE NON C’E’ PIU’
Il calcio italiano ha bisogno di rinnovamento, okay. Si potrebbe partire con un piccolo passo avanti, come quello di aggiornare il nome della Figc. Quel «giuoco» della denominazione ufficiale non si può proprio né vedere né sentire, anche da parte mia: e ho 73 anni. Non sarà un cambiamento sostanziale, ma non farlo sa di ingiustificato e polveroso burocratese. E non si parli di tradizioni, perché sono stati cambiati più volte stemma e maglia. E anche il nome: 120 anni fa, all’inizio della sua storia, la Figc si chiamava Fif. E allora, viva il gioco e basta con il ridicolo giuoco. Massimo Marconi
Mi ha un po’ spiazzato con la sua lettera, metà seria e metà divertente. Quella grafia è scomparsa dall’italiano corrente. Credo ai simboli e anche alle riforme a costo zero: quella «u» andrebbe abolita e sarebbe un piccolo segnale che si vuole reagire all’immobilismo, anche nel modo di pensare. Temo però che l’ufficio stampa del commissario straordinario Roberto Fabbricini mi farà sapere a stretto giro di mail che per cambiare la denominazione servirebbero chissà quali assemblee straordinarie, maggioranze qualificate, referendum… Vediamo.
Per correttezza e completezza, la informo che la Sampdoria mi ha alla fine risposto, scusandosi e solidarizzando con noi per l’accaduto. Gabriele Catalano
Parliamo della disavventura di padre e figlio undicenne nel settore Distinti di Marassi durante la partita con l’Inter: bambino e genitore coperti di insulti, intimidazioni varie e costretti ad allontanarsi dai propri posti. Gesto tardivo ma apprezzabile della società. Il resto del lavoro, cioè cambiare il clima dentro gli stadi, è quello che conta di più. Fuori l’Italia dal Sei Nazioni! E lo invoco essendo un appassionato ed ex dirigente di rugby. L’eccessivo divario tecnico fra le cinque compagini storiche e gli azzurri rischia di falsare la manifestazione più bella d’Europa. Chi arriva ultimo dovrebbe essere ammesso alla competizione successiva solo attraverso un minitorneo autunnale con le migliori tre squadre europee. Mi auguro che questo possa aiutare a far crescere realmente il rugby in Italia, senza dare per scontata la sua presenza tra i grandi di questo sport. Gianandrea de Antonellis
Tema affrontato già altre volte, ma sempre d’attualità dopo l’immancabile febbraio disastroso della nostra Nazionale quanto a risultati. Da anni non siamo all’altezza e direi che andiamo indietro anziché avanti: quindi è possibile che questa presenza ingiustificata nuoccia al nostro rugby piuttosto che il contrario. Però chi se la sente di togliere a 20 mila inglesi (o scozzesi o gallesi o francesi) il loro week end nella più bella città del Mondo? Sarebbe una crudeltà spedirli a Tbilisi, con tutto il rispetto. Da molti anni seguo il ciclismo: l’8 marzo scorso ho assistito alla partenza della tappa della Tirreno-Adriatico a Camaiore. Allo «spazio firma», molte persone non riuscivano a riconoscere i corridori (ad esclusione dei vari «big») che non hanno numeri (tranne che sulla bici) e sono mascherati da occhiali e caschetti. Mi permetto di suggerire di stampare il nome dei ciclisti sulle magliette, come accade in molti altri sport: i ciclisti ne ricaverebbero il giusto riconoscimento tra la gente. Lorenzo Ricci Credo sarebbe meglio per tutti.