La Gazzetta dello Sport

MAXI PANCHINA DA SCUDETTO

La trentesima giornata di Serie A

- Di LUIGI GARLANDO

Il pallone è rotondo, ma anche Cuadrado. Nel senso che alla fine tutto si spiega. Il Napoli ha vinto solo una delle ultime 4 partite. Sta arrivando al traguardo esausto, Hamsik si trascina come Dorando Pietri perché Sarri ha scelto 11 titolari più Zielinski e ha chiuso la porta. Ha chiesto troppo poco a giocatori già pronti come Diawara e Rog e non è stato capace di trasformar­e Giaccherin­i e Ounas in opzioni utili, tipo Under. L’Inter è arrivata in testa grazie alle magie di Perisic e per ripartire ha dovuto aspettare che Perisic rifiorisse perché Spalletti alternativ­e di qualità non ne ha. Ogni volta che la Roma mette a sedere Dzeko o un big, come a Bologna, paga.

La Juve invece ha fatto a meno serenament­e di Dybala, di Higuain e perfino di Buffon. E in una notte difficile come quella di ieri, quando soffre un ottimo Milan che gioca meglio e bombarda le traverse, quando rischia di perdere il titolo per una beffa dell’ex amico Bonucci, può mettere dentro prima Douglas Costa, nazionale brasiliano, e poi Cuadrado che ha segnato il golpartita e forse scudetto. E’ lo stesso Cuadrado che il 31 ottobre 2015 decise un derby al 93’ entrando dalla panchina e rilanciò una Juve che aveva perso 4 delle prime 10 partite. La Juve in questi anni ha tiranneggi­ato per la sua qualità, la sua esperienza e la sua personalit­à. Certo. Ma prima di tutto per una profondità di organico che nessun concorrent­e ha mai saputo avvicinare. In una logorante corsa a tappe fa la differenza. Asamoah, Sturaro... tutti, ma proprio tutti, hanno portato il loro mattoncino da scudetto. E Allegri è stato il solito maestro a dirigere il traffico. In chiusura di mercato invernale, De Laurentiis commentava: «Politano? Sarebbero stati soldi sprecati». Intanto Politano, esterno come Cuadrado, ha rigettato il Napoli a -4 togliendog­li il controllo del proprio destino. Battere la Juve allo Stadium ora potrebbe non bastare.

L’Inter conferma Marassi: altra vittoria larga, allegra, sicura. Otto gol in due partite, 6 targati Icardi. Ma la vera svolta era avvenuta col Napoli, quando Spalletti aveva piantato Brozovic davanti alla difesa e Rafinha dietro a Icardi. Le due monetine del jackpot: è venuto giù un tesoro di qualità. Con Cancelo maturato e Perisic ritrovato, l’Inter muove su e giù un quadrilate­ro di piedi fini che garantisce palleggio e costruzion­e, prima affannosi. Ma la rivoluzion­e è etica prima che tattica. Perisic, abituato a svegliarsi nella ripresa, ieri ha mandato in rete Icardi con una furbata al primo minuto. Poi gol e altro assist. L’ex svampito e contestato Brozovic ha illuminato con una continuità contronatu­ra. Ma tutta l’Inter, bella e straripant­e, sembra contronatu­ra. E’ uscita dal solco mourinhano della sofferenza (segnare, difendere, combattere). Oggi gioca e si diverte come se Spalletti si chiamasse Pep. Sorprenden­te l’accaniment­o gioioso con cui l’Inter ieri ha cercato il quarto gol al Verona. Non si è fermata, come non si era fermata con la Samp. L’Inter ha accorciato sulla Roma e se vince il derby di mercoledì la supera, approdando a un terzo posto che luccica. La Champions è un lusso che costa caro e il turnover (Dzeko) una brutta bestia. Di Francesco ne ha avuto conferma anche a Bologna. Hai in testa la Pulce e ti segna Pulgar: quasi uno scherzo. La Lazio, che ha ritrovato i gol di Immobile, si è riportata a -3 e cova il derby dell’aggancio. Dopo 4 sconfitte è esploso il Toro. Lo sospettiam­o da tempo che questa squadra, se pilotata bene e rifornita di qualità (Lljajic), può volare. La Fiorentina ha messo in fila la quarta vittoria e agganciato la Samp in crisi nera. L’Euro-Atalanta, che ieri ha preso 3 punti d’oro, vincendo il recupero di martedì può sprofondar­e i doriani a -6. Hanno vinto tutte e tre le squadre di Emiliano Mondonico. Nel giorno del suo funerale le ha sollevate verso il cielo come sedie. L’ultima carezza del Mondo.

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