DA MAGNI A VINCENZO: LA NOSTRA ANIMA
Quando Fiorenzo Magni prendeva il treno per raggiungere le Fiandre, in quegli anni il Belgio voleva dire soprattutto sofferenza per gli italiani. Dolore fisico nelle miniere di carbone, dove migliaia di nostri connazionali si sacrificarono (e in centinaia morirono, come a Marcinelle 1956) per dare un presente (prima ancora che un futuro) alle loro famiglie. Gli italiani erano ai margini del mondo. Fiorenzo lo sapeva benissimo, e sulla sua bici portò il riscatto di una Nazione che invece, proprio a pedali, negli anni di Coppi e Bartali, dava lezioni al mondo. La tripletta di fila del Leone delle Fiandre aprì una nuova era.
Ecco, ci piace ricordare il grandissimo Magni perché Vincenzo Nibali ha nel Dna il coraggio, la fantasia, l’astuzia, l’intuizione e la strategia che consentirono a Fiorenzo di vincere tre Giri d’Italia. Da re della Milano-Sanremo, il siciliano si concede una passerella di altissima classe sul palcoscenico più nobile, per difficoltà, che ci sia. Dalla neve delle Tre Cime di Lavaredo, dove si impossessò del Giro 2013, al pavé di Arenberg (altro luogo di sofferenza per i nostri connazionali) e alla salita di Lourdes al Tour 2014; dallo Stelvio al Ghisallo, fino al Poggio di Sanremo, non c’è luogo mitico del ciclismo che non abbia visto una sua impresa.
L’atmosfera del Fiandre piacerà, e molto, a chi come Vincenzo seguiva le corse giovanili sulla moto del padre per fare le fotografie: i bar fumosi, le lavagne degli scommettitori, la birra, quei tetti di ardesia appuntiti verso il cielo. Passerà dal MuurGrammont, il cuore di questa corsa che, unica tra i cinque Monumenti, si disputò in tutti gli anni della Seconda Guerra Mondiale; poi Koppenberg, Vecchio Kwaremont, Paterberg. Vincenzo Nibali, orgoglio d’Italia e del ciclismo. Ecco perché, al di là della tecnica, Peter Sagan lo teme. Sulla bici c’è molto di più di due gambe.