Pasqua da Re SAGAN, UNA SCIA D’ORO SUI MURI «NIBALI? OCCHIO LUI E’ SPECIALE»
IL TRE VOLTE IRIDATO, 1° NEL 2016, HA LA BICI DORATA IL RE DELLA SANREMO È AL DEBUTTO NELLA CLASSICA PIÙ MASSACRANTE: 800.000 BELGI LI ASPETTANO. PASQUA: TRIONFI DI BUGNO, BARTOLI E BALLAN (2007)
La stampa belga è andata a scomodare addirittura l’Ultima Cena, il capolavoro di Leonardo Da Vinci. Peter Sagan al posto di Gesù Cristo, i grandi rivali – tra cui Vincenzo Nibali – come gli Apostoli. Può suonare eccessivo, blasfemo. Di sicuro rende l’idea della sacralità che nel Paese riveste il Giro delle Fiandre, che oggi nella Pasqua di Risurrezione manda in scena l’atto 102 di una storia cominciata nel 1913. Uno dei cinque Monumenti della bici. Il più coinvolgente, se il termometro è quello della passione popolare: 800.000 spettatori attesi tra Anversa e Oudenaarde, 265 km e 18 Muri con la doppia accoppiata Vecchio Kwaremont-Paterberg che promette di essere decisiva. Un totem dello sport in assoluto. A dimostrarlo le parole di Peter Sagan, il tre volte campione del Mondo, uno che non si fa problemi a essere dissacrante. Ieri invece ha detto, con grande rispetto: «Basta la parola per il Giro delle Fiandre. Nel nome c’è già tutto, è storia. Che cosa si può aggiungere? Non so se lo vincerò come nel 2016 (sempre da iridato, ndr) o se lo perderò come tutte le altre volte. Pensare è inutile. Io preferisco fare».
PUBBLICO
La Grote Markt di Anversa già ieri brulicava di gente e qualcuno, nonostante la pioggia (oggi meno attesa di quanto si pensasse), aveva tutta l’intenzione di voler restare a dormire per non perdere il posto in prima fila alla partenza: difficile che sia stato consentito, l’allerta per il terrorismo resta alta. Sagan è il più atteso: finora non è mai sembrato in versione super, ma il terzo successo di domenica scorsa alla Gand-Wevelgem lo ha lanciato. L’allenatore Patxi Vila dice: «Abbiamo lavorato diversamente per spostare più avanti nella stagione, cioè ora, il raggiungimento del picco di forma». Sagan, che si dice abbia molto in testa anche la Roubaix di domenica prossima, non è rientrato a Montecarlo dopo la Gand-Wevelgem, ma è rimasto a Nieuwpoort e si è sottoposto ad alcune sedute di fisioterapia per la gamba destra. L’altro giorno ha interrotto la ricognizione per… fermarsi in una pasticceria e prendere un pezzo di torta. Resta sempre al centro dell’attenzione. Il campione nazionale belga Oliver Naesen, coinvolto nella caduta di Sagan nel 2017, ha detto all’Equipe: «Ogni volta che ho cercato di parlare con lui, si è rifiutato». Peter ha risposto: «Non l’ho
mai incontrato in gruppo, non so se ha mai provato a parlarmi». E sull’attitudine di molti a pedalargli contro, il 28enne slovacco della Bora-Hansgrohe non si è scomposto: «Semplice, vogliamo tutti correre per vincere e mostrare chi è il migliore o vogliamo correre per perdere? Io sono contento di me e della squadra che ho. Con Oss al mio fianco, abbiamo una carta da giocare in più nel finale. Siamo pronti a dare il massimo».
Peter ha poi presentato la Spe- cialized dorata con la quale correrà oggi: è marchiata Sagan, che nello stile, per il logo, si è ispirato alla Dodge Charger, auto americana appartenente alla categoria delle ‘muscle car’ che Peter si è regalato qualche anno fa. Non è mancata neppure qualche parola per l’amico Nibali, dopo aver ribadito i complimenti per gli ‘attributi’ mostrati alla Sanremo: «Se ha delle possibilità? Ma certo! Dovremo dargli l’attenzione che merita, l’attenzione che si deve ai corridori speciali. Come andrà, si vedrà strada facendo. Se a 30 km dalla fine riuscisse ad essere ancora con i primi...». Un po’ lo stesso concetto espresso dal grande Tom Boonen (il Fiandre si corre per la prima volta da quando si è ritirato): «Quando uno della classe di Nibali si presenta al via, tutti gli altri possono scoprire di avere un problema».
I NOSTRI
Sono undici anni che l’Italia non vince il Fiandre. L’ultima volta nel 2007, grazie ad Alessandro Ballan. Era Pasqua, come oggi. Come quando trionfarono Gianni Bugno (1994) e Michele Bartoli (1996). Per restare in tema di “ritardi”, Vincenzo Nibali è il signore che ha riportato il Tour in Italia dopo 16 anni, la Vuelta dopo 20, il Lombardia dopo 7, la Sanremo – il 17 marzo – dopo 12. Non sarebbe giusto chiedergli di colmare anche questo ritardo. Non adesso che è al debutto. Non ora che in serata ha un aereo per i Paesi Baschi, dove da domani costruirà l’assalto alla Liegi-Bastogne-Liegi (che pure ci manca dal 2007). Neppure si può negare, allo stesso tempo, la suggestione che si porta appresso il suo sbarco al Nord. «Le sensazioni sono buone, il morale pure – ha ribadito il 33enne siciliano della Bahrain-Merida –. Dopo la Sanremo mi sono continuato ad allenare bene. Ma il Fiandre va innanzitutto scoperto, lo voglio fare con rispetto cercando di dare il massimo».
In casa Italia, Sacha Modolo riparte dal sesto posto dell’anno scorso; Matteo Trentin si gioca per la prima volta una chance da capitano (alla sua Mitchelton-Scott il Fiandre è il solo Monumento che manca); Filippo Ganna fa ulteriore esperienza verso la Roubaix e Gianni Moscon deve crederci. Così come ci credono i padroni di casa, che negli anni che finiscono con l’8 vincono sempre: il re uscente Gilbert guida l’armata Quick Step, poi Van Avermaet, Vanmarcke, Benoot… Vincere la ‘Ronde’ vale una carriera, e il solo esserci mette i brividi. Perché quando hai il privilegio di essere una parte – anche piccolissima – del Mito, funziona proprio così.