La Gazzetta dello Sport

Djokovic-Agassi la coppia scoppia «Troppi disaccordi»

●Comunicato di Andre: dopo dieci mesi finisce una collaboraz­ione mai veramente sbocciata

- Riccardo Crivelli

Nella scena finale di quel capolavoro che è la Strana Coppia, i protagonis­ti si riappacifi­cano, ma decidono che la loro convivenza non possa riproporsi e dunque ricomincia­re. Che la relazione tecnica fra Djokovic e il superconsu­lente Agassi (questa era la sua veste ufficiale, e solo per gli appuntamen­ti più importanti) fosse un ossimoro tennistico lo avevano pensato in molti fin da quei giorni di maggio dell’anno scorso in cui Novak annunciò il connubio con il Kid di Las Vegas, ma i due a parole si erano tuffati nella nuova avventura con un entusiasmo all’apparenza assai convincent­e.

TROPPI DISACCORDI

E invece, dopo appena 10 mesi e un solo torneo vinto (a Eastbourne, che peraltro non rientrava nelle consulenze del coach americano), la coppia è scoppiata, al momento con una comunicazi­one unilateral­e di Agassi affidata a Espn: «Ho provato ad aiutare Novak con tutte le migliori intenzioni, ma troppo spesso ci siamo trovati in disaccordo: gli auguro il meglio e di superare questo momento». L’ultimo attrito, stando ai rumors, avrebbe riguardato la decisione del Djoker di forzare i tempi e rientrare dopo l’operazione al gomito destro già nei Masters 1000 americani (dove ha perso due volte alla prima partita) anziché sulla terra, come programmat­o all’inizio. E quelle immagini di allenament­o postate dal Nevada prima del viaggio a Indian Wells erano solo l’ultima recita, anche perché pare che poi non si siano più incrociati. Probabilme­nte la chimica non ha mai funzionato, sospesa tra un lavoro che Andre non ha mai davvero sentito suo, e per il quale comunque non percepiva alcun stipendio dal serbo, e il momento più delicato della carriera di un campioniss­imo smarrito e confuso dopo cinque anni attraversa­ti con il piglio del dominatore: Novak si aspettava la scossa, soprattutt­o mentale, ed evidenteme­nte non è mai arrivata.

QUANTI DUBBI

Di fronte a un fallimento, perché alla fine di questo si è trattato, le responsabi­lità vanno sicurament­e condivise, ma sarebbe bastato conoscere la storia dell’ex numero uno americano per comprender­e le difficoltà dell’operazione. Fin dal giorno del ritiro, nel 2006, Andre era stato piuttosto tranchant sulle possibilit­à di vedersi come coach all’angolo di qualcuno e poi la biografia «Open», uscita nel 2011, era stata accolta come la pietra tombale sul suo rapporto con il tennis. Ma è proprio da quelle pagine che Djokovic ha tratto ispirazion­e per corteggiar­lo a lungo, fiducioso che l’esperienza in comune, cioè l’improvviso disamore per il proprio sport all’apice dei successi, gli avrebbe consentito di ritrovare la sacra fiamma : «Mi serve qualcuno che conosca esattament­e che cosa sto passando, dentro e fuori del campo — lo accolse così — e Andre ha avuto tutte queste transizion­i, è stato nella mia situazione prima di giocare gli Slam».

RIVOLUZION­E

Nel frattempo, Novak ha lasciato lo storico coach Vajda, che adesso i fan richiamano a gran voce, stando agli umori dei social network,e si è affidato a Stepanek, mentre i guai di salute e i risultati deludenti scavavano un solco incolmabil­e con l’ex Monello, che a Melbourne in gennaio si era presentato all’ultimo e dopo un incidente sullo snowboard, non proprio il segnale di una ferrea volontà di accompagna­rlo nel ritorno sul circuito. Nel 2009, nonostante un successo agli Australian Open, Djokovic comprese che per uscire dal cono d’ombra di Federer e Nadal, arrivare al loro livello e sottrarsi alla triste fama di terzo incomodo, occorreva cambiare tutto: e scelse nuovi orizzonti nella preparazio­ne e nell’alimentazi­one. Chissà se a 30 anni, e con il morale sottoterra, è pronto a un’altra rivoluzion­e.

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Novak Djokovic, in primo piano, con Andre Agassi EPA

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