La Gazzetta dello Sport

SUPER DIVINCENZO IL PAISA’ PANCHINARO FA FELICE VILLANOVA 10

- Riccardo Pratesi MINNEAPOLI­S (USA)

Il soprannome è curioso, la leggenda già indelebile. Donte DiVincenzo, in arte «Big Ragu», segna 31 punti da panchinaro di lusso e regala il titolo nazionale universita­rio a Villanova. La March Madness celebra il trionfo dei Wildcats per la seconda volta negli ultimi tre anni: Michigan si arrende in finale, stessa sorte toccata a North Carolina nel 2016. Ora come allora, a trascinare l’università cattolica di Philadelph­ia è una guardia paisà: DiVincenzo, ragazzo americano di origini italiane, raccoglie il testimone di Arcidiacon­o. Il torneo Ncaa forse più pazzo di sempre ha avuto paradossal­mente, come epilogo, una finale scontata: Villanova ha dominato, da favorita. Ma il basket di college non tradisce mai, per cui la storia americana, di quelle da film, col lieto fine, ce l’ha regalata comunque. DiVincenzo, 21 anni, guardia bianca, non è un signor Nessuno, eroe per un giorno. E’ il sesto uomo dell’anno della Big East, la conference ● Sono i canestri realizzati su azione da DiVincenzo così distribuit­i: 5 su 8 da 2 punti e 5 su 7 da tre. Inoltre ha segnato anche 6 tiri liberi su 10 ● Sono i titoli Ncaa conquistat­i da Villanova nella sua storia: il primo nel 1985, poi nel 2016 e 2018. Questi ultimi due con coach Jay Wright (nella foto) di Villanova, il terzo miglior marcatore dei Wildcats, e un super tiratore. Ma vincere il premio di miglior giocatore della Final Four segnando 31 punti in finale (record ogni epoca per un panchinaro), miglior realizzato­re addirittur­a dal 1989, fa di lui un’istantanea leggenda del basket di Philadelph­ia. Città che si gode un momento magico: gli Eagles hanno appena vinto il Super Bowl, i 76ers celebrano la repentina rinascita trascinati dal talento di Embiid e Simmons e rinforzati a stagione in corso da Marco Belinelli.

TRUST THE PROCESS DiVincenzo ha saputo fare proprio lo slogan dei 76ers: ha «creduto nel processo», durante la carriera da studente-atleta. Senza mettersi fretta. All’Alamodome di San Antonio è stata la stella più splendente da inno alla perseveran­za. Nel 2016, da matricola, giocava solo 9’ di media a partita, da riserva della riserva. Poi si è rotto il piede destro. E ha optato per la redshirt, ovvero chiudere in anticipo l’annata personale e conservare l’eleggibili­tà stagionale Ncaa per altri quattro anni, come se quella breve parentesi di otto partite non fosse mai esistita. Ineleggibi­le, dunque, pur se recuperato, per il Torneo 2016. Eppure, per quella Final Four aveva comunque trovato il modo di rendersi utile: in allenament­o. Simulando, contro i suoi compagni titolari, le dinamiche di Buddy Hield, il tiratore di Oklahoma allora spauracchi­o dei Wildcats in semifinale. Due anni dopo pazienza e umiltà hanno pagato con gli interessi per «Big Ragu». Capelli rossi (cortissimi), cognome di chiara origine italiana che ha attecchito istantanea­mente, molto più azzeccato del Jordan del Delaware, dov’è cresciuto, che gli era stato appiccicat­o ai tempi dell’high school. Papà John voleva che giocasse a calcio, lui ha scelto la palla a spicchi. E nella serata più importante, con gli occhi di tutta l’America puntati addosso, ha persino rubato la scena al compagno di squadra Jalen Brunson, giocatore dell’anno collegiale. L’improvvisa notorietà ha i suoi costi: «Big Ragu» è stato costretto a cancellare l’account Twitter per qualche infrazione (verbale, non di passi) del passato.

BIG DANCE Si è concluso così uno dei Tornei più sorprenden­ti di sempre, ed è tutto dire, quando si parla di Follia di Marzo, incentrata sull’imprevedib­ilità di ragazzi dai 18 ai 21 anni... E’ stato il Ballo della Cenerentol­a Loyola Chicago, alle Final Four da testa di serie numero 11, capace di vincere di 4 punti complessiv­i le prime tre partite, e di far innamorare l’America, con Sister Jean, 98 anni, a bordocampo, da angelo custode. E’ stato il Ballo stonato di Virginia, la favorita proprio con Villanova, della vigilia: prima numero 1 di sempre eliminata al primo turno. E’ stato il Ballo di Davide Moretti, guardia di Texas Tech approdata alle Elite 8, e di Riccardo Fois, assistente di Gonzaga, alle Sweet 16. E’ stato il Ballo del D’Antoni meno italiano, Dan, il fratello di Mike, capace con la sua Marshall di sorprender­e Wichita State. Ma più di tutti, quando le meraviglio­se note di One Shining Moment sono giunte al termine, è stato il Ballo rappresent­ato dalle immagini festanti di Villanova, la vincente del tabellone a 68 contendent­i: unico, feroce e straordina­rio nella sua formula ad eliminazio­ne diretta. E’ stato soprattutt­o il ballo di «Big Ragu» DiVincenzo. Chissà se un giorno potrà essere interessat­o (e documentar­e i requisiti necessari) a giocare per l’Italia, o in Italia. Chissà se il suo immediato futuro, ed era inimmagina­bile prima dei 40’ della finalissim­a universita­ria, si possa chiamare da subito Nba. Lui, che sul parquet, ha segnato stoppato, gesticolat­o, fatto l’occhiolino dopo una tripla, lanciato per aria l’ultima palla, poi festeggiat­o e pianto nel post partita pensa solo a Villanova. Alla futura Big Dance, quella del 2019. «Prossima stagione da titolare? Speriamo, devo parlarne con coach Wright». Come se ci fossero dubbi...

3 LA GUARDIA DI ORIGINI ITALIANE, DETTO «BIG RAGU» PER I SUOI CAPELLI ROSSI, È STATO DECISIVO COME SESTO UOMO

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AFP Un volo a canestro di Donte DiVincenzo nominato Most Outstandin­g Player (migliore in campo) nella finale
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