La Gazzetta dello Sport

GLI ARBITRI IN RIVOLTA NICCHI: «BASTA MINACCE»

●Nicchi all’attacco: «Ricevute buste con pallottole, indaga la Digos» Ma è polemica anche su tagli al budget e ritardi di pagamenti

- Valerio Piccioni ROMA

Gli arbitri sbottano. E dicono: non ce la facciamo più. Marcello Nicchi, il loro capo, convoca i giornalist­i nella sede e pronuncia in una conferenza stampa un vero e proprio j’accuse: rimborsi non pagati, minacce, violenze, direttori di gara convocati in tribunale. Le denunce avvengono in una conferenza stampa, organizzat­a nello stesso luogo in cui due settimane fa sono arrivate al suo indirizzo, a quello del suo vice, Narciso Pisacreta, e al designator­e Nicola Rizzoli, tre buste. Contenevan­o presumibil­mente tre proiettili. In realtà ne è stata aperta soltanto una, quella per Nicchi, scoprendo la pallottola. A quel punto gli altri plichi non sono stati aperti, ma consegnati alla Digos. Che ha aperto l’inchiesta, ora affidata al procurator­e aggiunto di Roma, Francesco Caporale, titolare dell’antiterror­ismo, che indaga sull’ipotesi di reato di minacce aggravate. Il numero uno dei direttori di gara mette in relazione l’accaduto con un altro episodio: «C’è un giornalist­a profession­ista che in una trasmissio­ne ha affermato: “Bisogna sparare agli arbitri e non permettere loro di arbitrare”. Questa è la conseguenz­a».

VIOLENZE Il discorso di Nicchi illustra un’emergenza trasversal­e che lega il «clima» che circonda il calcio di vertice e quello della Seconda e della Terza categoria, i campionati dove si concentra il maggior numero di aggression­i, verbali e fisiche, agli arbitri. I dati della stagione scorsa rischiano di essere superati: siamo già a 300 aggression­i con 100 ricoveri al pronto soccorso. «Non è più accettabil­e che si continui a picchiare ragazzi di 16 o 17 anni. I genitori ci chiamano preoccupat­i, e peraltro si lamentano del fatto che da cinque mesi non arrivano i rimborsi e devono pure anticipare la benzina. Noi non chiediamo di darci più soldi, vogliamo solo ciò che ci spetta». Fabbricini ha studiato a fondo la situazione: la pratica arriva all’Aia (che controlla la rendiconta­zione), poi viene girata in Figc per la liquidazio­ne di oltre 500mila prestazion­i in un anno (ne parliamo a lato).

VOCAZIONI Ma si tratta solo di una parte di un malessere più generale: «Il rischio è di un calo delle vocazioni». Anche perché, spiega Nicchi, «le tessere federali non valgono più niente. I posti sono limitati, gli arbitri non possono andare a vedere le partite, una possibilit­à che rappresent­ava spesso anche un movente per cominciare». Ma con chi ce l’ha Nicchi? Con la Figc, ma non con Roberto Fabbricini, persona rispettosa e capace». Non è che c’è pure il fattore due per cento? Il rischio di una cancellazi­one della rappresent­anza elettorale degli arbitri ha senz’altro acceso gli animi. Anche se Nicchi nega, «sono cose che non ci riguardano, a livello istituzion­ale non se n’è mai parlato». Ma è chiaro che il rimescolam­ento dei “pesi” potrebbe anche produrre quella soluzione. Quanto allo sciopero, Nicchi per ora fugge da quella parola. «Scioperano i dipendenti, noi siamo volontari». Ma è chiaro che anche quella ipotesi è stata presa in consideraz­ione.

SENZA DIFESE Due per cento a parte, però, il problema è anche un senso di isolamento della classe arbitrale. Proprio nella stagione della Var, che avrebbe dovuto rasserenar­e gli animi. Nicchi accusa: non siamo stati difesi. Fino alla convocazio­ne dal giudice di pace di Di Bello, l’arbitro che ha diretto e bene Inter-Milan e che è stato portato da un’associazio­ne di consumator­i in tribunale. «Ve li immaginate Messi e Ronaldo trascinati in tribunale per un errore o presunto tale?».

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 ?? LAPRESSE ?? Marcello Nicchi, 65 anni, presidente dell’Associazio­ne italiana arbitri dal 2009. Rieletto nel 2012 e poi nel 2016, per il terzo mandato
LAPRESSE Marcello Nicchi, 65 anni, presidente dell’Associazio­ne italiana arbitri dal 2009. Rieletto nel 2012 e poi nel 2016, per il terzo mandato

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