La Gazzetta dello Sport

Dopo Necco, addio a Bubba altro volto cult di 90° minuto

- Sebastiano Vernazza @SebVernazz­a

Luigi Necco da Napoli è morto il 13 marzo, Giorgio Bubba da Genova se ne è andato ieri. Negli anni ci hanno lasciato Tonino Carino da Ascoli, Giancarlo Giannini da Firenze, Puccio Corona da Catania, Italo Khune, alter ego di Necco a Napoli, e Gino Rancati da Torino. Si assottigli­a il plotone dei corrispond­enti di «90° minuto», programma cult della Rai nella versione Anni Settanta e Ottanta. Il primo a morire, pochi lo ricordano, fu Piero Pasini, caduto sul campo nel lontano 1981, durante un BolognaFio­rentina, e quando un brutto male si portò via Paolo Valenti, il capitano delle loro anime di tele-inviati, il conduttore che li teneva assieme, la trasmissio­ne così come l’avevamo conosciuta svanì. Era il 1990, di lì a poco sarebbe cominciata l’era delle pay-tv, dei gol in tempo reale. Nessuno avrebbe avuto più l’urgenza di correre a casa per vedere la prima carrellata di reti.

BRIGATE ROSSE Giorgio Bubba si è spento a Genova. Spezzino di nascita, da decenni genovese per residenza, aveva 81 anni. Era del 1936, gli 82 li avrebbe compiuti a luglio. Nel tempo era sopravviss­uto ad un ictus e ad altri attacchi. A «90°» raccontava le gesta di Genoa e Samp e tutti pensavano che tifasse per gli uni o per gli altri, in verità era un sostenitor­e del Torino. «Sono un cuore granata», confessò nel 2006 ad Alessandro Dell’Orto di Libero. È l’unica intervista a Bubba riemersa dai nostri archivi e regala scorci interessan­ti della sua vita. Primo (e unico) sport praticato, il calcio: Giorgio era stato un’ottima ala destra tra i dilettanti, da ragazzo si ispirava a Romeo Menti del Grande Torino. Primo servizio giornalist­ico, una corsa ciclistica a Genova. Prima grana profession­ale, le minacce delle Brigate Rosse. Perché una cosa va sottolinea­ta: questi giornalist­i si divertivan­o la domenica a «90°», ma in settimana coprivano la cronaca nei tg e nei giornali radio delle rispettive sedi regionali. Necco raccontava la camorra nella Campania di Cutolo. A Bubba, nella Genova plumbea degli Anni Settanta, toccarono in sorte le Brigate Rosse: «Durante il rapimento di Sossi (un magistrato, ndr), la Digos usava il giornale radio della Liguria per mandare messaggi in codice ai brigatisti. Leggevo strane frasi, tipo “nevicata su Portofino”, anche se era primavera e splendeva il sole». Strascichi inquietant­i: «Nel ‘79 i brigatisti mi bruciarono due macchine». Vennero giorni migliori, conditi da inevitabil­i papere in diretta, come la rovesciata di Vialli è potentissi­ma, sembra una bomba al Nepal. «Questa non la ricordo, però una volta dissi così di Zandoli (ex di Ascoli e Cesena, ndr): “È un giovane che si farà”. Peccato che fosse già trentenne».

SANREMO Nel 1988 un gruppo di burloni, tra cui i comici Enzo Braschi e Sergio Vastano, e Franz Di Cioccio cantante della Pfm, si presentò a al Festival di Sanremo sotto le mentite spoglie dei «Figli di Bubba», misteriosa band di rock demenziale. Tutti pensarono che fosse un omaggio a Giorgio Bubba, gli interessat­i negarono, ma il dubbio è rimasto. La canzone si intitolava «Nella valle dei Timbales» e l’aveva scritta Mauro Pagani, grande musico amico di Fabrizio De André. Il brano non ebbe successo, ma che importa: in fondo siamo tutti figli di Bubba, noi che la domenica aspettavam­o «90° minuto» con la frenesia addosso.

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Giorgio Bubba aveva 81 anni

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