Con la sua passione Klopp the top ha rilanciato i Reds
●Al visionario Guardiola il tecnico del Liverpool oppone l’entusiasmo: così lo già ha battuto 7 volte
Libreria “News from Nowhere”, 96 Bold Street, “books to change the world”, opere che possono cambiare il mondo: tra pubblicazioni anti-capitalismo, anti-razzismo, arte e tshirt con dediche non proprio d’amore nei confronti della defunta ex premier britannica Thatcher, spicca una biografia di Klopp. Jane, la proprietaria, dice: «Jurgen è perfetto per il Liverpool: passione, energia, calcio d’attacco e poi mi sa che è anche un po’ di sinistra». Klopp the top, Klopp re di una città, il giorno dopo il 3-0 dei Reds al Manchester City che vale mezza qualificazione, se non trequarti, alle semifinali di Champions. A Liverpool c’è un sole da fissare la data sul calendario. In centro, dove ad ogni angolo respiri l’aria dei Beatles, incontri molte maglie Reds. C’è chi è andato a lavorare con il numero 11 di Salah e chi con il 19 di Mané: Liverpool è così, oh yes.
PASSIONE E Klopp è il re. Sette vittorie in tredici sfide con Guardiola: non può essere casuale. Alle visioni del catalano Pep, il tedesco Jurgen contrappone una parola: passione. Viene in mente il film Viva la libertà, con uno straordinario Toni Servillo, che sale sul palco di un comizio e, interpretando il ruolo di un leader politico, indica un tazebao alle spalle. Servillo declama: «Manca una parola. Passione». Passione è la parola della storia e del calcio di Klopp. Il giovane Jurgen non era uno studente brillante, ma era un leader. Trascinava la sua banda in mille attività: sport, teatro, mostre di pittura. Discuteva spesso con il padre Norbert, conservatore, di politica: Jurgen era progressista. La sua prima auto fu la Due Cavalli. Non fece la rivoluzione, come nel famoso film, ma aveva le idee chiare: la sua vita non sarebbe stata banale. IL SALTO Anche il passaggio dal campo alla panchina non fu normale. Klopp giocava in un Mainz in caduta libera. Era il febbraio 2001 e Jurgen, difensore, aveva 33 anni. La dirigenza decise di esonerare Eckhart Krautzun, ma non aveva le idee chiare sul sostituto. Fu il general manager, Christian Heidel, ad avere l’illuminazione: «Nell’ultima gara, persa 3-1, Klopp era stato il peggiore. Volevamo licenziare il tecnico, ma non avevamo in mente il sostituto. Chiamai Jurgen al telefono. Era il capitano. Parlammo a lungo, poi, a bruciapelo, gli dissi “che cosa pensi se dovessimo affidarti la panchina?”. Dopo qualche secondo di silenzio, rispose “Grande idea”».
KAMIKAZE Dieci anni dopo, Jurgen avrebbe raccontato: «Accettare l’incarico di allenatore mi fece sentire un kamikaze in missione». Nel settembre 2015, volò a New York per incontrare i dirigenti del Fenway Sports Group, la società proprietaria del Liverpool. Klopp era stato seguito nel 2014 dallo United per il dopo-Moyes e nel 2012 dal Manchester City. Le sue riserve riguardavano la lingua: «Nel mio lavoro la comunicazione è fondamentale. Devo esprimere le mie idee senza limitazioni». A New York, complice lo studio avviato dell’inglese, scoccò subito la scintilla. Mentre il suo agente discuteva contratto e stipendio, Klopp andò a passeggiare a Central Park. Tornò in Germania e all’arrivo, all’aeroporto, sul suo telefono cellulare apparve un messaggio: «Sei il nuovo allenatore del Liverpool». Jurgen rispose con una parola: «Wooooo». Il manifesto del suo calcio: «Woooo». Non esistono traduzioni: forse anche per questo Guardiola contro Klopp va spesso in confusione.