La Gazzetta dello Sport

Con la sua passione Klopp the top ha rilanciato i Reds

●Al visionario Guardiola il tecnico del Liverpool oppone l’entusiasmo: così lo già ha battuto 7 volte

- Stefano Boldrini IINVIATO A LIVERPOOL

Libreria “News from Nowhere”, 96 Bold Street, “books to change the world”, opere che possono cambiare il mondo: tra pubblicazi­oni anti-capitalism­o, anti-razzismo, arte e tshirt con dediche non proprio d’amore nei confronti della defunta ex premier britannica Thatcher, spicca una biografia di Klopp. Jane, la proprietar­ia, dice: «Jurgen è perfetto per il Liverpool: passione, energia, calcio d’attacco e poi mi sa che è anche un po’ di sinistra». Klopp the top, Klopp re di una città, il giorno dopo il 3-0 dei Reds al Manchester City che vale mezza qualificaz­ione, se non trequarti, alle semifinali di Champions. A Liverpool c’è un sole da fissare la data sul calendario. In centro, dove ad ogni angolo respiri l’aria dei Beatles, incontri molte maglie Reds. C’è chi è andato a lavorare con il numero 11 di Salah e chi con il 19 di Mané: Liverpool è così, oh yes.

PASSIONE E Klopp è il re. Sette vittorie in tredici sfide con Guardiola: non può essere casuale. Alle visioni del catalano Pep, il tedesco Jurgen contrappon­e una parola: passione. Viene in mente il film Viva la libertà, con uno straordina­rio Toni Servillo, che sale sul palco di un comizio e, interpreta­ndo il ruolo di un leader politico, indica un tazebao alle spalle. Servillo declama: «Manca una parola. Passione». Passione è la parola della storia e del calcio di Klopp. Il giovane Jurgen non era uno studente brillante, ma era un leader. Trascinava la sua banda in mille attività: sport, teatro, mostre di pittura. Discuteva spesso con il padre Norbert, conservato­re, di politica: Jurgen era progressis­ta. La sua prima auto fu la Due Cavalli. Non fece la rivoluzion­e, come nel famoso film, ma aveva le idee chiare: la sua vita non sarebbe stata banale. IL SALTO Anche il passaggio dal campo alla panchina non fu normale. Klopp giocava in un Mainz in caduta libera. Era il febbraio 2001 e Jurgen, difensore, aveva 33 anni. La dirigenza decise di esonerare Eckhart Krautzun, ma non aveva le idee chiare sul sostituto. Fu il general manager, Christian Heidel, ad avere l’illuminazi­one: «Nell’ultima gara, persa 3-1, Klopp era stato il peggiore. Volevamo licenziare il tecnico, ma non avevamo in mente il sostituto. Chiamai Jurgen al telefono. Era il capitano. Parlammo a lungo, poi, a bruciapelo, gli dissi “che cosa pensi se dovessimo affidarti la panchina?”. Dopo qualche secondo di silenzio, rispose “Grande idea”».

KAMIKAZE Dieci anni dopo, Jurgen avrebbe raccontato: «Accettare l’incarico di allenatore mi fece sentire un kamikaze in missione». Nel settembre 2015, volò a New York per incontrare i dirigenti del Fenway Sports Group, la società proprietar­ia del Liverpool. Klopp era stato seguito nel 2014 dallo United per il dopo-Moyes e nel 2012 dal Manchester City. Le sue riserve riguardava­no la lingua: «Nel mio lavoro la comunicazi­one è fondamenta­le. Devo esprimere le mie idee senza limitazion­i». A New York, complice lo studio avviato dell’inglese, scoccò subito la scintilla. Mentre il suo agente discuteva contratto e stipendio, Klopp andò a passeggiar­e a Central Park. Tornò in Germania e all’arrivo, all’aeroporto, sul suo telefono cellulare apparve un messaggio: «Sei il nuovo allenatore del Liverpool». Jurgen rispose con una parola: «Wooooo». Il manifesto del suo calcio: «Woooo». Non esistono traduzioni: forse anche per questo Guardiola contro Klopp va spesso in confusione.

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La grinta di Jürgen Klopp, 50 anni, allenatore del Liverpool EPA

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