Lazio nello spazio
Spettacolo all’Olimpico Battuto il Salisburgo e semifinali in vista
Comunque finirà, sarà stata una stagione speciale: poteva non essere speciale la Lazio ieri sera, spinta dal pensiero di poter riapprodare a una semifinale europea 15 anni dopo l’ultima volta, missionaria delle speranze residue di avere ancora un po’ di Italia in Europa, per una volta senza subire maltrattamenti? Poteva non esserlo di fronte a una sfida così intrigante? Da 35 partite di fila (e da 19 gare europee) nessuno trovava soluzione al rompicapo Salisburgo: ci è riuscita la Lazio con la forza del suo calcio leggero, di gol pesantissimi, ma soprattutto di gambe, testa e orgoglio da squadra che ha tante vite. E non finisce mai: anche se le fischiano contro un rigore inesistente, gliene negano uno che con quel metro ci starebbe, la fermano per un fuorigioco che non c’era quando poteva volare sul 3-1, la riagguantano due volte. Fra una settimana, in Austria, il pass da «top four» dell’Europa League sarà ancora tutto da guadagnare, ma la gara di ieri ha detto che si può: tanto più visti i limiti difensivi di un’avversaria che non si capisce bene come avesse preso solo sei gol nelle sue ultime dieci trasferte europee. E che non avrà, per squalifica, due cardini come Schlager e Samassekou.
IDEA RUBATA
Il gol della Lazio quest’anno è sentenza: solo in sei partite su 46 (una volta su 11 in Europa League) è rimasta senza. Il giudice Lulic l’ha pronunciata dopo 8’, passati a capire dove, e come, disinnescare la solita partenza a tavoletta del Salisburgo. L’unica chance era rubargli l’idea: cambio gioco rapido, se possibile sugli esterni, forse anche più alti del solito. Pensato, fatto: Immobile detta la percussione di Basta e sul suo cross di ritorno gli esce un liscio che diventa velo per il tap-in di Lulic. Il Salisburgo accusa, anche perché le idee delle sue fonti di gioco sono annebbiate bene: Samassekou, vertice basso del rombo deputato al primo ragionamento, viene circondato da tanti e schermato da Luis Alberto più di quanto lui faccia con lo spagnolo; il trequartista Schlager è sempre inseguito bene, non solo da Lucas Leiva.
RITMO SU RITMO Con l’asse centrale ingolfato, il Salisburgo dirotta appena può sulle fasce, ma è lì che la Lazio, stantuffando fitto con Basta e Lulic, cerca di scavalcarne i momenti di assenza. Ritmo su ritmo, sempre e comunque: così sta salda sul ring, da dove però viene spintonata poco prima della mezzora. Cazzotto del giudice di porta che segnala a Hategan, con colpevole ritardo di oltre dieci secondi, una presunta sbracciata di Basta su Dabbur: ingenua quanto si vuole, ma mai punibile con il rigore poi trasformato da Berisha. E il sospetto sulle mancanze dell’arbitro romeno, per un’ora fiscale solo con la Lazio, diventa ancora più forte per la trattenuta non punita su Immobile di cui sopra.
AHI, MILINKOVIC Un peso sullo stomaco, non inferiore a quello sulla coscienza di Milinkovic, svagato due volte per altrettante occasioni da gol svanite: uno scontro con Immobile sul lato scoperto della difesa austriaca e soprattutto un colpo di testa mirato male da posizione favorevole su cross di Lulic. L’ennesima buona ricerca delle corsie da parte della Lazio, che diventa felice insistenza all’alba della ripresa, con radente di Luis Alberto su cui Parolo inventa il colpo di tacco del 2-1. Il rimpianto per il 3-1 immediato negato a Immobile (fuorigioco sbagliato) è diventato timore di non aver messo in frigo la partita in vista di un calo. Sospetto fondato quando il giapponese Minamino, entrato da neanche un minuto, ha sgasato un’imbucata
●●li austriaci non perdevano da 35 partite: due volte in vantaggio e raggiunti, i biancocelesti allungano nel finale con Anderson e Immobile