La Gazzetta dello Sport

Il piano Liberty non convince i due top team

● Inaccettab­ile il tetto alle spese di 150 milioni Wolff: «Capiamo i dettagli, poi vedremo se restare»

- Luigi Perna

Non siamo ancora agli ultimatum, ma il primo tempo della partita fra Liberty Media e i grandi team si conclude con le due parti sul piede di guerra. Ieri il summit nel deserto del Bahrain, durato poco più un’ora, è servito ai nuovi padroni americani della F.1 per presentare la loro strategia post-2020, che prevede motori ibridi semplifica­ti, gare più combattute, un maggiore equilibrio fra le squadre e il ritorno dei piloti al centro della scena, attraverso vetture che favoriscan­o i sorpassi anziché missili studiati dagli ingegneri. Un piano per lo show che punta all’ingresso di nuovi costruttor­i come la Porsche, ma si scontra con la visione di Mercedes e Ferrari, interessat­e a mantenere il loro predominio.

MONEY Il punto chiave, come sempre, sono i soldi. Perché Liberty è partita dalla premessa di ridurre in maniera drastica i costi, in modo da avvicinare le prestazion­i dei team e consentire a quelli minori di sopravvive­re. Si spiega così l’idea di abolire le costosissi­me power unit attuali, volute nel 2014 dal presidente Fia Jean Todt in nome di una F.1 più «ecologica», e introdurre alcune parti standard sulle vetture. Oggi i due colossi della F.1 spendono circa 400 milioni di euro a stagione. Basta scorrere i bilanci depositati in Gran Bretagna dalla Mercedes-Benz Grand Prix Limited, la società di cui sono azionisti Toto Wolff e Niki Lauda. La proposta di Liberty è un «budget cap» di soli 150 milioni di dollari (122 milioni di euro). Cifra inaccettab­ile per Mercedes e Ferrari, che hanno reparti corse con oltre mille dipendenti. «Non possiamo tagliare i costi così in fretta e mandare a casa la metà del personale», spiega Lauda.

REAL D’altra parte, sarebbe come chiedere al Real Madrid, al Barcellona, al Chelsea oppure al Psg e al Manchester City di rinunciare ai loro super acquisti. Mercedes e Ferrari, costruttor­i puri con grandi realtà industrial­i alle spalle, partono dall’idea di investire (in perdita) pur di vincere in F.1, coprendo una buona fetta dei costi attraverso gli sponsor. Le spese sono giustifica­te dalla promozione dei propri marchi è dalla ricaduta sulle vendite delle vetture stradali. Mentre il discorso è diverso per la diretta concorrent­e Red Bull, che ha subito applaudito Liberty, e per gli altri team come Williams, Force India, Toro Rosso, Haas, Sauber, che un tempo sarebbero stati chiamati «garagisti» (da capire quale posizione prenderann­o McLaren e Renault). Ieri Ross Brawn è stato chiaro: «Deve essere più importante come si spendono i soldi, anziché quanti se ne spendono. Non vogliamo che vinca il più ricco, ma il più intelligen­te».

AMAZON Il piano di Liberty, subentrata l’anno scorso a Bernie Ecclestone acquistand­o la F.1 per 7,1 miliardi di euro, è creare uno spettacolo più appassiona­nte per il pubblico, sull’esempio di quello che succede negli Usa con la IndyCar e la Nascar. In modo da lanciare in futuro il prodotto GP anche su piattaform­e come Amazon e Netflix, oltre che in tv e sugli altri «new media». Si capisce dalle parole di Chase Carey, il boss con i baffoni e un passato alla 20th Century Fox: «Vogliamo preservare la storia della F.1, liberando il suo potenziale, in modo da mettere i tifosi al centro di uno sport emozionate, commercial­mente di successo e che crei profitti per i team. Abbiamo l’ambizione di creare il brand sportivo più importante al mondo».

DISTANZA Sembra una risposta a Sergio Marchionne, il presidente della Ferrari, secondo il quale il progetto va contro il Dna della F.1, ragion per cui ha minacciato l’addio. Fra le proposte di Liberty, solo una potrebbe accontenta­rlo: la decisione di lasciare alla Ferrari il bonus che percepisce in quanto team con più storia nel Mondiale (mentre sarebbe abolito il diritto di veto politico). La cifra scenderebb­e a 40 milioni di dollari, a cui per la rossa si aggiungere­bbero i 10 milioni destinati ai fornitori di motori, quindi anche a Mercedes, Renault e Honda. «Bisogna ancora approfondi­re i dettagli delle proposte — spiega Wolff —. Solo dopo potremo decidere se restare in F.1 nel 2021 oppure no». Le vere discussion­i cominceran­no nell’incontro strategico previsto dopo il GP della Cina della settimana prossima. E un compromess­o va trovato entro la fine dell’estate, visto che il 2020 è dietro l’angolo. Ma le distanze per ora sembrano incolmabil­i.

 ??  ?? Summit Mercedes-Ferrari tra Niki Lauda, 69 anni, Toto Wolff, 46 e Maurizio Arrivabene, 61 LIVERANI
Summit Mercedes-Ferrari tra Niki Lauda, 69 anni, Toto Wolff, 46 e Maurizio Arrivabene, 61 LIVERANI

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy