La Gazzetta dello Sport

Mazzarri, calda vigilia «Io all’Inter fui bravo»

●Il tecnico del Toro: «A mio favore parlano i fatti. Esonero fastidioso»

- Fabrizio Turco TORINO

Tre anni e mezzo dopo Walter Mazzarri ritrova l’Inter. È passata tanta acqua sotto i ponti, da quell’addio anticipato avvenuto a metà novembre 2014, quando la nuova dirigenza nerazzurra decise di voltar pagina e affidare la squadra a Roberto Mancini. Ma i ricordi restano positivi: «Certo, perché per me quella è stata un’esperienza positiva» spiega il tecnico di San Vincenzo. Lo dice con la forza dei numeri che riportano alla mente l’Europa ritrovata, il quinto posto conquistat­o fra il nono posto dell’anno precedente e l’ottavo della stagione successiva, per un’Inter che dopo di lui ha speso di più ma è andata peggio. «I fatti sono quelli, il resto è aria fritta; il tempo è stato galantuomo, gli allenatori vanno valutati in base ai giocatori che hanno a disposizio­ne — commenta Mazzarri con un pizzico di orgoglio ma senza livore — L’unica cosa che mi dà fastidio è che quello fu il mio unico esonero in Serie A». Oggi sarà un’altra storia, quasi una partita a scacchi fra lui e Luciano Spalletti, roba da toscani e gran strateghi in panchina. «Spalletti è un bravo allenatore, lo sappiamo tutti, ma visto che si impara dai più giovani, io imparo da Rino Gattuso che preferisce parlare delle squadre piuttosto che degli allenatori». Toro-Inter, invece, gli piace: gli piace immaginarl­a, disegnarla, progettarl­a dopo nottate passate a sognarla, tanto che alle 7, quando suonerà la sveglia, Walter sarà già in piedi da un pezzo. A quel punto ci sarà spazio per gli ultimi dettagli e per guardare fisso negli occhi tutti i suoi giocatori, che alle 9,15 pranzerann­o. «Spalletti è bravo a cambiare l’ossatura della squadra in base alle caratteris­tiche di chi va ad affrontare. Noi in questi giorni abbiamo sperimenta­to varie soluzioni; siamo pronti a muoverci in base a quello che farà l’Inter. Di certo — aggiunge Mazzarri — per il mio Toro si tratta di una verifica molto più probante delle ultime due partite in cui abbiamo fatto bene. E io voglio vedere l’atteggiame­nto giusto da parte della squadra» — dice il tecnico granata reduce dalle due vittorie forza-4 contro Cagliari e Crotone.

ADEM CONTRO IL DIGIUNO Oltre a capitan Belotti, l’uomo in più per scardinare la difesa nerazzurra sarà Adem Ljajic «new version». Il serbo — frenato, gestito e poi infine rilanciato dall’allenatore — è stato l’arma in più nella settimana dell’orgoglio ritrovato, quella degli otto gol fatti. Tanto che, per il futuro prossimo, lo stesso Mazzarri non esclude di cucirgli addosso un ruolo ancora diverso, da mezzala: «Adem è una via di mezzo fra un attaccante e un centrocamp­ista: ha 26 anni e se si disciplina e tiene continuità in campo può fare tutti ruoli dal centrocamp­o in avanti — ne traccia l’identikit il tecnico granata — Può fare anche la mezzala, dipende solo da quanto è applicato e da quanto si sacrifica. Se continua così è una risorsa preziosa; altrimenti farò scelte diverse». Oggi Ljajic potrebbe essere l’ago della bilancia per spezzare un incantesim­o che dura da tanto, troppo tempo: l’ultima vittoria in casa del Toro ai danni dell’Inter è datata 27 febbraio 1994, quando i granata si imposero per 2-0 con una rete per tempo di Poggi e di Cois e in panchina sedeva l’indimentic­abile Emiliano Mondonico. Molto meglio, invece, sono andate le cose in trasferta: l’ultimo successo a San Siro cadde proprio due anni fa (il 3 aprile 2016): finì 2-1 con le reti di Molinaro e Belotti che ribaltaron­o il vantaggio nerazzurro di Icardi. E quel giorno in campo c’era anche Ljajic: ma indossava la maglia nerazzurra.

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LAPRESSE Walter Mazzarri, 56 anni, durante la finale d’andata di Coppa Italia Primavera Torino-Milan

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