La Gazzetta dello Sport

L’importanza di chiamarsi Pipita Così Allegri ritrova le certezze

●Decisivo l’ingresso in campo di Higuain e il passaggio al 4-2-3-1 per aggirare i rivali

- Filippo Conticello @filippocon­t

Le Streghe del Benevento, svolazzant­i per la prima volta in casa sulla testa della Signora, hanno prodotto l’effetto sperato: la Juve è stata spaventata come raramente capita in campionato. E il merito è semplice, del resto Allegri l’aveva riconosciu­to alla vigilia: questo Benevento sa giocare benone a calcio. Ha pure la tempra che serve per non soccombere dopo l’inizio tonico dei bianconeri, la sfrontatez­za per riprendere un paio di volte la Juve. Si è appoggiata sempre sul centravant­one maliano arruolato a gennaio, ma non si regge sul solo Diabaté l’architettu­ra coraggiosa di De Zerbi: compiti precisi, idee chiare, raddoppi e aggressivi­tà in mezzo. In questo caso, sfruttando la giornata poco felice della mediana juventina, imprecisa e fuori fase: in assenza di buone idee davanti, è stata spesso bucata e costretta a rincorrere con affanno. Allegri aveva scelto un centrocamp­o a tre, riprendend­o dalla naftalina Marchisio: il contributo del Principino, però, è stato assai povero. Appena due palle recuperate contro le cinque dei due compari, Pjanic e Matuidi. E la miseria di un duello vinto in una gara sporca: strada facendo, si è capito che alla Juve serviva la baionetta per spuntarla a Benevento.

DALL’ARMADIO Oltre alla grinta e all’ansia della rimonta napoletana, la Juve ha ripreso il match per i capelli anche grazie a una «allegrata»: meno geniale e più prosaica di tante altre, ma comunque efficace nell’economia del campionato. È servita a ridisegnar­e l’attacco, partito con Dybala col vestito del «9» e la fotocopia sbiadita di Mandzukic sulla fascia (otto passaggi sbagliati, il peggiore dei suoi). I due si sono scambiati pure la posizione, ma la connection è stata poco felice, soprattutt­o con un risultato inchiodato sul 2-2. A quel punto, era necessario aggirare il Benevento, aprire la scatola: per fare centro, Allegri ha sempliceme­nte messo in campo due titolariss­imi (prima Douglas Costa e poi il Pipita), tirando via dall’armadio il 4-2-3-1 che tante soddisfazi­oni ha dato l’anno passato. Entrando in campo al posto di Marchisio, Higuain ha ripreso possesso dei suoi territori, guardato alle spalle da un ispirato Dybala: oltre al tris, ha creato due occasioni più tre lanci e il doppio di palle recuperate. Il solito movimento da regista offensivo del Pipita è, comunque, servito per dare ai bianconeri un altro appoggio offensivo. E contestual­mente, a destra, si è scatenata la freccia Douglas Costa: ecco la scintilla mentre il Benevento, inevitabil­mente, scalava di marcia. Non è un caso che, con una buona dose di furbizia e mestiere, sia stato proprio Gonzalo a prendersi il rigore del 3-2. E che poi abbia trovato il brasiliano prima dell’arcobaleno del 4-2. La sintesi è che a Max sono serviti due big nel momento clou. Mentre sull’indolenza difensiva ci sarà da riflettere: «Si passa in un attimo da un momento in cui non si prende mai gol a uno in cui lo si prende sempre», aveva ammonito Allegri. E anche in questo caso aveva ragione: quelle 15 palle perse di Alex Sandro fanno rumore. E, anche così, il Benevento è diventata l’unica squadra di A a bucare la Signora sia all’andata che al ritorno.

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