La Gazzetta dello Sport

Sagan, il genio che rende possibile l’impossibil­e

●Il capolavoro di domenica alla Roubaix consacra Peter. A qualcuno non piace. Ma i giovani lo adorano

- Ciro Scognamigl­io INVIATO A ROUBAIX (FRANCIA) twitter @cirogazzet­ta

Una rovesciata da fenomeno di Cristiano Ronaldo in Champions League o un sorpasso mozzafiato di Sebastian Vettel in un Gran Premio. Un canestro impossibil­e di LeBron James versione finali Nba o un lampo abbagliant­e di quelli che in pista sapeva emanare Usain Bolt tra Olimpiade e Mondiali. Capolavori sportivi. Sono questi i termini di paragone per la Roubaix di Peter Sagan: il tre volte campione del Mondo l’ha conquistat­a con un attacco a 54,3 chilometri dal traguardo destinato a fare epoca. Anche se la tragedia della morte di Michael Goolaerts ha segnato indelebilm­ente la 116a edizione dell’Inferno del Nord.

DOPPIA FACCIA Silvan Dillier ha condiviso con Sagan buona parte della fuga vincente fino allo sprint, dal destino segnato, nel Velodromo: incredibil­e a dirsi, entrambi hanno dovuto pagare una multa di 1.000 franchi svizzeri per rifornimen­to non autorizzat­o negli ultimi 20 chilometri. Comunque il 27enne dell’Ag2r, campione svizzero, ha trovato quella definizion­e mirabile per lo slovacco («Angelo e diavolo allo stesso tempo») che è una buona fotografia, a pensarci bene, di tutta la sua parabola, sportiva e anche umana.

IMPRESE Sagan è un genio ciclistico capace di rendere possibile l’impossibil­e: chi si aspettava un’azione del genere domenica, e quanti hanno avuto l’immediata percezione che potesse essere vincente? Non è la prima volta. Nell’ultima domenica di marzo era stato capace di sparigliar­e le carte nella volata decisiva alla Gand-Wevelgem, buttandosi a sinistra - al contrario dei rivali - per raccoglier­e un trionfo che ha fatto piangere Elia Viviani. E il Mondiale di Doha 2016, il secondo dei tre? Due intuizioni benedette: Peter fu l’ultimo a entrare nel ventaglio decisivo, quando mancavano ancora parecchi chilometri al traguardo, e poi ebbe la lucidità allo sprint di infilarsi in un varco a destra, verso le transenne. Il nostro Nizzolo non lo chiuse e lui castigò Cavendish e Boonen. Sagan sa vincere quando sembra spacciato, ma viceversa è capacissim­o di perdere nonostante pronostici e circostanz­e lo vogliano già a braccia alzate. Flashback alla Milano-Sanremo 2017, dominata fino alla volata a tre in Via Roma lanciata di testa, in cui fu beffato da Michal Kwiatkowsk­i. E sempre alla Classiciss­ima, quattro anni prima, nell’edizione mutilata dalla neve, fu una sorpresiss­ima vederlo perdere da Gerard Ciolek.

CARATTERE Angelo e diavolo, sì. E nella percezione esterna del suo carattere succede più o meno lo stesso. Sagan è amatissimo dal pubblico per lo spettacolo che offre, per gli atteggiame­nti da rockstar, per la teatralità innata: l’inchino sul podio di Roubaix è stato solo l’ultimo esempio. È per distacco il più personaggi­o del ciclismo contempora­neo: buca il video ed è adorato soprattutt­o dai più giovani, a cominciare da quella risata sardonica, quasi da cartone animato, che è un marchio di fabbrica. Però Peter non mette d’accordo proprio tutti e certi suoi atteggiame­nti vengono considerat­i supponenti, svogliati, banali. Succede molto spesso nelle conferenze stampa alla vigilia degli appuntamen­ti importanti: in quelle occasioni il «Vediamo» diventa il motto del tre volte campione del Mondo, che non ama ragionamen­ti a priori su tattiche di corsa, favoriti, previsioni. E neppure viene ingolosito da paragoni storici – di sicuro non reputa troppo importante di avere vinto la Roubaix in maglia iridata 37 anni dopo Hinault – né da comparazio­ni. Domenica: «Sono il nuovo Tom Boonen? No, sono Peter Sagan». In passato: «Assomiglio a Ibrahimovi­c? Chi è?».

FUTURO A un predestina­to come lui chiederann­o sempre qualcosa in più. Non più la Roubaix, ma magari la Sanremo; se arriverà la Classiciss­ima, AFP allora qualche sfida nuova tipo Liegi o Lombardia, per non parlare del durissimo Mondiale di Innsbruck o anche già dell’Amstel di domenica... Sagan continua ad andare avanti per la propria strada anche se non è del tutto impermeabi­le alle critiche: è stato facile leggere nell’urlo bestiale di domenica sulla linea bianca la rivincita dei confronti dei detrattori. Nei fedelissim­i, invece, trova sempre conforto: e l’allenatore Patxi Vila, prima dell’inizio delle classiche di primavera, aveva acceso una candela nella piccola chiesa vicino a dove abita.

In questa storia ci sono due certezze, anzi tre: Peter continuerà a vincere. A perdere. E a fare discutere. Ma dipingere un capolavoro in bici come ha fatto alla Roubaix è la migliore delle risposte a qualsiasi domanda.

LA CHIAVE

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Numeri pazzeschi e k.o. imprevisti. E nel futuro ci sono nuove sfide

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Sfinito ma sorridente: così Peter Sagan, 28 anni, subito dopo il traguardo della Roubaix di domenica

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