OKAY ALLE QUOTE ROSA NEI CONSIGLI FEDERALI, MA SIANO VERE
L’olimpionica della canoa giudica la decisione del Coni
Consigli federali formati almeno per un terzo da donne. Questo ha deciso il Coni e, prima di ogni altro giudizio, bisogna partire dai numeri e da una classe dirigente dello sport formata al 90 per cento dagli uomini e al 10 delle donne. Può essere accettabile questa percentuale? I dati ci dicono una cosa: quando la regola non è tale, non ha una cornice formale, la prima a saltare è la candidatura di una donna. Insomma, è necessario un vincolo, chiamatelo pure forzatura. Non c’è soltanto lo sport, penso a quanto accade nella politica. Per esempio a quanto è successo con le liste del Partito Democratico, che avrebbero dovuto partire da una situazione fifty-fifty che poi è stata tradita. Mi hanno chiesto tante volte perché non abbia mai deciso di candidarmi al consiglio federale. Non ci penso nemmeno. Che cosa avrei potuto fare in un mondo declinato completamente al maschile? Sarebbe stato necessario un grossissimo impegno per uno scarsissimo risultato. Un impegno in un contesto così mi è sempre sembrato uno spreco di tempo di vita. Con un’ottica nuova questo discorso cambierebbe. Anzitutto perché questa nuova regola porterà, giocoforza, molte più donne negli organi politico-sportivi. Se fino a oggi le donne hanno rinunciato in partenza, forse sarà necessario fare una campagna elettorale per modificare questa realtà. Forse le donne arruolate non saranno tutte subito preparatissime, ma tutto l’ambiente sportivo dovrà impegnarsi a colmare eventuali lacune: ci vorranno un tempo, un percorso per arrivare a questo obiettivo. Senza «forzatura» il traguardo resterà lontano. Ben venga allora la svolta, che avrà davvero valore se non ci saranno eccezioni o rinvii. A quel punto, partecipare acquisterà tutto un altro sapore.