MESSINA: «LA MIA SFIDA AI MARZIANI»
●L’assistant coach di San Antonio: «Da LeBron al nostro Ginobili, quanti fenomeni. Qui la globalizzazione vince»
Giovedì Gregg Popovich ha rinchiuso Ettore Messina e gli altri suoi assistenti in una stanza buia per tutto il pomeriggio: luci spente e schermi accesi, per rivedere in gruppo ore e ore di filmati. Immaginiamo, su Golden State? «Ovviamente», risponde l’ex c.t. della Nazionale, sulla panchina di San Antonio a fianco di Pop da quattro anni. Gli Spurs si sono piazzati al settimo posto all’Ovest dopo un finale di regular season pazzesco, in cui hanno anche rischiato di rimanere fuori dai playoff: con un successo in più o in meno, infatti, si poteva arrivare al terzo posto oppure andare in vacanza con largo anticipo. Invece, San Antonio i playoff li giocherà per la 21ª volta consecutiva.
Messina, se si toglie la stagione accorciata del 1998/99, le 43 vittorie e 35 sconfitte di questo campionato rappresentano il record
ASSISTANT COACH SPURS
peggiore di questi 21 anni.
«Vero. Però era trent’anni che a Ovest non succedeva di avere appena due squadre con più di 50 vittorie. Di solito ce ne sono molte di più. Significa che la competitività nella nostra conference è cresciuta ancora. Si verificò una situazione simile al mio primo anno qui, quando perdemmo l’ultima partita con New Orleans e sprofondammo dal secondo al settimo posto con grande incavolatura generale. Se all’inizio mi avessero detto che senza avere Leonard a disposizione (in tutto, 9 presenze, ndr) saremmo andati ai playoff sfiorando le 50 vittorie, saremmo stati tutti felici».
Quindi siete soddisfatti del 7° posto?
«Diciamo che in giro per l’America abbiamo avuto molti attestati di stima per ciò che abbiamo realizzato. Non era semplice senza Leonard, con Rudy Gay fuori per tanto tempo e con Tony Parker che si è dovuto reinserire. Sì, siamo contenti».
E ora concentratissimi sui Warriors.
«Li conosciamo bene, sappiamo a memoria come giocano e che per vincere dovremo essere perfetti o quasi. Insomma, se vogliamo avere speranze di eliminarli, dovremo disputare partite di altissimo livello. E nonostante l’assenza di Stephen Curry bilanci quella del nostro Leonard, non è un compito per nulla facile».
Dopo ore di video, avete capito come si fa a fermarli?
«Innanzitutto devi augurarti che alcuni dei loro elementi chiave come Kevin Durant si autolimitino, perché non puoi pensare di poterli stoppare del tutto. Allo stesso tempo, una cosa importante è attaccare bene. Se perdi palloni o fai tiri forzati, in transizione ti ammazzano. Dunque, come sempre, la difesa comincia con un buona fase offensiva a metà campo. Se non ci riusciremo, diventerà una serie lunga e ancora più dura».
In stagione regolare il bilancio è 3-1 per loro. Avete vinto l’ultima partita un mese fa, ma senza Curry, Thompson e Durant. Che significato hanno queste gare?
«Per le assenze da una parte e dall’altra, queste sfide contano poco. Da oggi saranno match del tutto diversi».
Quest’anno, vi ha trascinato soprattutto LaMarcus Aldridge: un giocatore cambiato rispetto alla stagione passata.
«L’estate trascorsa a chiacchierare con Popovich ha contribuito al suo grande miglioramento. Adesso è molto contento di essere qui (a un certo punto aveva chiesto di essere ceduto, ndr), si sente apprezzato. Come in tutti i lavori, non solo nello sport, è questione di fiducia».
E adesso che cosa vi aspettate?
«Di giocarcela. Pop è sereno, anche se la serenità non è una parola che esiste nel suo vocabolario. Però è capace di mettere tutto nella giusta prospettiva, in particolare in questa situazione. È soddisfatto della risposta che hanno dato i giovani, tutti molto bravi. Tutti. Nomi qui non ne facciamo mai. Un’eccezione per un vecchio: Manu Ginobili. Ha fatto una stagione straordinaria».
Non è che a sorpresa tirerete fuori l’asso dalla manica: il rientro di Leonard?
«Al momento non credo che ci possa essere una sorpresa simile. Quando il gruppo che lo sta se-
CAVS SPACCIATI? LEBRON E HARDEN SONO I MIGLIORI DELLA LEGA...
ETTORE MESSINA
guendo ci dirà che è pronto, allora ne parlerà con Pop».
Uno sguardo alla griglia playoff. Cominciamo con Portland contro New Orleans: possibili vostre avversarie in semifinale.
«Questa serie e quella di Utah vs. Oklahoma City saranno le più tirate. Estremamente equilibrate e potrebbero essere decise da un minimo dettaglio. Importante il fattore campo, perché sia i Trail Blazers che i Thunder in casa sono forti. A me piace Utah, sono amico del suo allenatore, Quin Snyder, che sta lavorando bene. E hanno un rookie come Donovan Mitchell: un autentico fenomeno. Una sorpresa, perché non me l’aspettavo a questo livello».
Rockets contro Minnesota.
«Houston è la favorita per ciò che ha fatto vedere. Miglior attacco, difesa decisamente cresciuta. Al netto di infortuni, è il team da battere».
A parte i due colossi, Rockets e Warriors, qual è la squadra che nessuno vorrebbe fra i piedi?
«Oklahoma City. Hanno un potenziale offensivo straordinario e un giocatore come Russell Westbrook che in certi momenti è immarcabile».
Si parla italiano anche all’Est, con Marco Belinelli. I Philadelphia 76ers sono i più caldi di questo finale di regular season.
«Sono d’accordo e molto felice per Marco. Sta facendo benissimo e si è trovato in una situazione adatta a lui. Giocano tutti bene e non sono per nulla stupito di ciò che stanno combinando. Se Embiid recupera possono andare lontano. Anche in finale dell’Est, perché se Phila elimina Miami, affronterebbe Boston o Milwaukee».
A proposito dei Celtics: sono la testa di serie numero due, ma a causa dei tanti infortunati sono diventati un boccone appetibile.
«È chiaro, sono piuttosto decimati. Però andare a vincere al Garden non è facilissimo».
Che cosa pensa di Cleveland: stagione ondivaga, squadra rivoluzionata a febbraio, infortuni.
«Sì, però poi sono sempre lì e hanno LeBron che insieme a James Harden è il miglior giocatore della Lega. Prima di darli per spacciati, ci rifletterei».
Toronto-Washington come la vede?
«Per come è andata la stagione, i Raptors sono favoritissimi. Devono dimostrare il loro valore anche ai playoff? Ma dai, negli ultimi due campionati sono usciti in semifinale e finale di Conference per mano di LeBron e Cavaliers. Difficile considerarlo un fallimento».
In questi playoff ci saranno 62 non americani: è record Nba.
«Per descriverlo, scelgo una parola abusata: globalizzazione. Ormai la Nba la puoi seguire con facilità ovunque, ha lanciato accademie per ragazzini in giro per il mondo alla ricerca di talenti. Vedremo con sempre più frequenza giovani giocatori internazionali venire in questa Lega».
Novità sul suo futuro, nel senso di panchina Nba?
«Nessuna. E non penso che ce ne saranno. Ma ora ho in testa soltanto i Warriors». SU DONOVAN MITCHELL
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