La Gazzetta dello Sport

Froome spiana lo Zoncolan «Lo ricordavo più duro»

●Il britannico sulla salita chiave del Giro che non affrontava da 8 anni: «Comunque sarà una tappa decisiva, quel giorno ci sarà da soffrire»

- Claudio Ghisalbert­i INVIATO A OVARO (UDINE)

«Èmeno duro del previsto. Me lo ricordavo peggio». Sono quasi le 2 del pomeriggio quando Chris Froome si ferma all’imbocco della galleria. La cima dello Zoncolan, dove sabato 19 maggio sarà posto il traguardo della 14a tappa del Giro d’Italia numero 101, è un chilometro più sopra. Il britannico di Sky appena poggia il piede a terra controlla i dati del computerin­o. Al suo fianco Tim Kerrison, l’allenatore. Qualche parola e qualche colpo di tosse, poi uno sguardo d’intesa che trasmette soddisfazi­one. Chris scende dalla bici e flette il busto in avanti, appoggia le mani sul casco e preme. Esce sudore come se avesse strizzato una spugna. Sì, ha fatto la salita a tutta, s’è voluto provare veramente. Il tempo di scalata è attorno ai 39’30”, forse una manciata di secondi in più. Tanto per capirci: Basso, quando vinse nel 2010 ipotecando il suo secondo trionfo rosa, impiegò 40’45”. Certo, per fare un chilometro in più. Ma con gli stimoli della corsa e con l’adrenalina della maglia rosa in palio. Quel giorno, era il 23 maggio, Chris arrivò 81° a 22’35”. «Ma ero un altro corridore, ero agli inizi della carriera» spiega col fiatone. «Davvero, pensavo che questa salita fosse più difficile — precisa —. Nella mia memoria era più brutta. Può essere la tappa decisiva? Non lo so, di sicuro sarà una di quelle decisive».

SUL SERIO Che Chris faccia terribilme­nte sul serio lo si capisce sin dai primi metri. Quando, all’uscita di Liariis, Matteo Tosatto (ieri in ammiraglia in funzione di apripista) è costretto a rallentare a causa di una transenna che ostruisce la carreggiat­a, si sente alle spalle un urlo bestiale: «Go!». Froome arriva come un proiettile e non ha certo intenzione di rallentare la corsa. Poi, al tornante Bahamontes, dopo 1500 metri, si alza sui pedali e scatta. Al tornante Merckx, 3100 metri dopo l’attacco, frulla: e a vederlo così da vicino fa paura. All’Hinault, dopo 4 km, comincia a trovare la neve ai bordi della strada. Poco dopo viene superato da un cicloturis­ta, che poi si ferma e immortala l’attimo: sì, un cicloturis­ta in abbigliame­nto normale e scarpe da tennis, ma in sella a una mountain bike elettrica. Venerdì, a Treviso, Froome ne aveva viste alcune da vicino e ne aveva parlato divertito con Fausto Pinarello. «Invece che i bottoni per regolare la potenza, sarebbe bello che il filo fosse alla manopola, come in moto: sai che salti!», aveva consigliat­o divertito.

MOTORI La giornata di Froome era cominciata alle 8. Colazione con cereali, latte e yogurt, poi una bella omelette farcita di prosciutto crudo. Un’occhiata alla Gazzetta e la faccia divertita nel leggere il titolo che lo riguarda: «Pronto ad accendere i motori», ripete. Quindi ancora cereali e yogurt, infine un cappuccino prima di andare a prepararsi. La ricognizio­ne della San Vito al Tagliament­o-Zoncolan comincia a Villa Santina, a 82 chilometri dal traguardo. Dopo una trentina, una breve sosta per fissare meglio al manubrio le «unghie» del cambio: sono nella parte centrale e gli servono in salita quando ha l’impugnatur­a alta. Riparte, la gente lo riconosce per strada e lo incita. A Tolmezzo, si sentono battere le mani e una voce di donna che urla: «Bravo». Chris alza una mano come gesto di saluto. «Qui è come in Spagna, so che la gente mi vuole bene, sento l’affetto, mi piace», aveva confidato un giorno alla Tirreno-Adriatico.

KAISER Ma c’è la tappa. «Non c’è solo lo Zoncolan a fare la differenza — dirà in cima Froome —. Le salite che ci sono prima non sono facili, soprattutt­o il Duron (quella successiva è il Valcalda, ndr). Verranno oltre 4000 metri di dislivello, vuol dire tanta sofferenza. Sarebbe bello trovare una giornata con un clima magnifico come oggi (ieri, ndr). Speriamo». «Sarà una giornata brutale», conferma Nicolas Portal, il suo diesse. Lo Zoncolan, il «Kaiser della Carnia», ormai è famosissim­o: 10 chilometri e 100 metri di lunghezza, 1200 metri di dislivello sino a quota 1730, pendenza media dell’11,9%, con un tratto al 22%, dopo 3,5 km, e uno al 20%, al km 5,5. Viene spontaneo chiedere a Chris se è più dura questa salita o un altro mito: l’Angliru, in Spagna. «Sono diverse — risponde —. L’Angliru ha tratti di strada con la pendenza maggiore, ma ci sono anche tratti dove alleggeris­ce, quasi spiana. Qua non molla mai, non hai un attimo per prendere fiato. Se sei un po’ al gancio non hai possibilit­à di recuperare. Viceversa, se stai bene, ti metti al tuo ritmo e vai…».

Oggi, prima di tuffarsi nel Tour of the Alps, Froome andrà a studiare la 16a tappa: la cronometro Trento-Rovereto (34,2 km), che pure deciderà molto. Meglio non lasciare nulla al caso.

Chris è andato a tutta: s’è fermato a un chilometro dal traguardo

Il paragone con l’Angliru: «Lì puoi tirare il fiato, qui se sei al gancio è finita»

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Froome ha cominciato a trovare neve dopo 4 chilometri PETRUSSI
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Chris Froome, 32 anni, sulle ultime rampe dello Zoncolan PETRUSSI

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