La Gazzetta dello Sport

MARANELLO, UN KIMI COSÌ NON VA MALTRATTAT­O

- Di PINO ALLIEVI

Primo e secondo in qualifica, terzo e ottavo all’arrivo: il disastro Ferrari in Cina si spiega col veleno delle cifre. Un’amarezza profonda perché la Ferrari, oggi, dispone della macchina migliore in assoluto. Ma così come quelle di Melbourne e Sakhir erano state vittorie di squadra, altrettant­o la sconfitta in Cina è dovuta a una mentalità confusa o distorta del team. Prendiamo la partenza, in cui Vettel ha chiuso violenteme­nte la porta in faccia a Raikkonen, col risultato che Kimi ha frenato per evitare il botto ed è stato superato da Bottas e Verstappen. Una manovra antipatica e dannosa: con due Ferrari davanti, l’esito della gara sarebbe stato molto diverso. Dopo di che Raikkonen, deluso e rassegnato, si è messo tranquillo a navigare in quarta posizione, con la rabbia in corpo, salvo vedersi «usato» dalla Ferrari per tentare, dopo il pit-stop, di rallentare il leader Bottas e favorire il ritorno di Vettel. Una cosa brutta, che la Ferrari ha sempre criticato quando la facevano gli altri. E così si è ritardato oltre misura il pit stop del finlandese, col quale si sarebbe potuta azzardare una strategia con gomme diverse.

Da anni critichiam­o Raikkonen per l’abulia e il talento intermitte­nte. Ma Kimi, in questo inizio del 2018, si è presentato con un altro spirito, facendoci ricordare il super-campione dei momenti in McLaren. La Ferrari avrebbe dovuto tenerne conto. Invece Kimi in Australia è stato penalizzat­o dalle strategie e ora viene considerat­o nel team come banale spalla di Vettel, al servizio di esperiment­i e tattiche. Un errore clamoroso che non può non ripercuote­rsi sul morale e quindi sulle prestazion­i del pilota. Che voglia può avere Raikkonen di affrontare così altre 18 gare, peraltro sapendo che a fine anno dovrà andarsene? Anche la Red Bull ha puntato tutto su Verstappen. Però c’è Ricciardo. D’accordo, altro carattere e altra età rispetto a Kimi. Ma Daniel è la dimostrazi­one di come le «seconde guide», a volte, possano ottenere trionfi insperati e rilanciars­i nel Mondiale, in una F.1 in cui nulla è programmab­ile. Ci pensi, la Ferrari. E, a freddo, mediti se davvero valga la pena di affidarsi solo alla compiaciut­a capacità del cinismo per portare a casa dei risultati.

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