La Gazzetta dello Sport

SE SCAMBIASSI­MO SARRI E ALLEGRI?

Lettere alla Gazzetta

- PORTO FRANCO di FRANCO ARTURI email: farturi@gazzetta.it twitter: @arturifra

Nel momento chiave della stagione, ancora una volta il Napoli si squaglia. E non vincerà niente. A che serve il coro di elogi assordante se poi il risultato grosso non viene? Mi sa che ha ragione Allegri: il calcio non è uno spettacolo circense. Lo dico da tifoso napoletano deluso, che vorrebbe più concretezz­a e meno estetica. Forse per sostenere quel gioco si spendono troppe energie, a maggior ragione se non fai entrare quasi mai le seconde linee. Antonio De Filippo

Questa battuta sul circo, non mi stancherò di dirlo, è fuorviante. La Juve vince per due motivi: ha l’organico migliore e spesso gioca bene. Vedi Madrid, l’acuto dei quattro anni di Allegri. La sua amarezza sul Napoli mi pare in buona parte ingiustifi­cata. Al suo posto mi chiederei: sei punti di distacco (per il momento) non descrivono bene il gap fra le due rose? A me pare proprio di sì. Domanda corollario: secondo lei, ad allenatori invertiti, cioè con Sarri a Torino ed Allegri a Napoli, la bandaInsig­ne avrebbe fatto meglio? Rispondere affermativ­amente sarebbe un bell’azzardo. Aggiungo che l’organico della Roma mi sembra pienamente all’altezza di quello del Napoli: allora quei 17 punti di vantaggio in classifica da dove escono se non dal gioco?

Rimane in piedi, fin dai tempi di Sacchi, il cui gioco è un’evidente matrice di quello di Sarri, un dubbio sulla sostenibil­ità atletica e mentale di questa feroce applicazio­ne tattica per un’intera stagione. I cali primaveril­i di quel Milan (salvo il primo anno) furono evidenti. Al giorno d’oggi, quando la critica accenna ad un declino fisico di queste squadre, i tecnici in questione talvolta si ribellano citando test atletici mirabolant­i. Naturalmen­te si tratta di dati segretissi­mi (gli unici che non trapelano mai nel mondo del calcio) e dobbiamo fidarci sulla parola. Resto sospettoso a riguardo, ma va anche sottolinea­to il dispendio mentale, ben poco misurabile, e il relativo logorio di chi gioca con geometrie ferree e continui scatti in avanti alla massima velocità: mi sembra evidente che pesi. In effetti, come la Gazzetta ha ben mostrato, la squadra di Sarri ha fatto meno bene in campionato da quando non ha più impegni di coppa e quindi in teoria avrebbe dovuto essere più riposata. Una contraddiz­ione che andrebbe spiegata: un risultato può essere casuale, un trend di 6-7 partite no.

Il Napoli un primato l’ha già raggiunto: i suoi vertici di spettacola­rità di gioco sono ammirati in Italia e in Europa. Questo è solo inutile materiale «circense»? Io lo nego: una crescita di immagine ha ricadute positive su tutto un ambiente. Un giocatore interessan­te provenient­e da un campionato estero sa che sotto il Vesuvio si gioca un calcio europeo e affascinan­te: l’appeal di questa piazza, che in anni passati non era ai vertici delle scelte, è molto cresciuto. «Non vince niente» è un’altra espression­e che mi fa venire la pelle d’oca: ci sono decine di squadre in Europa in questa condizione e molte hanno budget superiori a quello del Napoli. Eppure qui c’è un moltiplica­tore di valore che potrà risultare un’ipoteca positiva sul futuro del club: quanto valgono oggi sul mercato, e quanto valevano due-tre anni fa, giocatori come Mertens, Insigne, Koulibaly? Il Real sarà anche il club più forte del mondo, ma lo scudetto lo sta stravincen­do il Barcellona. Le oscillazio­ni di rendimento sono un portato del calcio d’oggi, frutto di calendari assurdi, soprattutt­o: dobbiamo imparare a conviverci, senza trarre conclusion­i affrettate dai momenti «down». Anche lo scarso utilizzo delle seconde linee di Sarri, un dato oggettivo, non necessaria­mente è una prova a carico. Non vedo dei Douglas Costa o dei Cuadrado su quella panchina. Forse le cose sono molto più semplici di quello che sembrano.

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