Fognini strega Montecarlo «Più a casa che a Roma»
●Tribune piene e gran tifo per l’azzurro che supera Ivashka E l’Italia cala il tris nel Principato: avanti pure Seppi e Cecchinato
Studi, libri, scaramanzie, antidoti. Poi capitano tre tipi italiani, per i quali l’argomento rimane piuttosto sensibile, e secoli di radicate convinzioni evaporano come le nuvolette pacifiche sulla Rocca di prima mattina: il 17 non porta male. Anzi, diventa quasi un giorno memorabile, perché un tris in verde bianco e rosso al secondo turno di un Masters 1000 resta un piccolo evento da celebrare. Addirittura, Fognini il 17 se lo porta stampato sulla schiena nella divisa da gioco per celebrare l’anno di nascita del piccolo Federico e nonostante i soliti dieci minuti senza connessione alla partita scavalla agevolmente l’ostacolo Ivashka, per il tripudio di un Campo dei Principi stipato di connazionali e dunque tutto per lui, fino a perdonargli il consueto warning per abuso della racchetta a metà del secondo set. E lui li ringrazierà con una dichiarazione che è un pegno d’amore: «Qui mi sento più a casa che a Roma».
ARRABBIATO Conta ovviamente che sia nato poco più in là, a Arma di Taggia, oltre il confine; conta che su questi campi abbia scorrazzato da ragazzino di enorme talento, tanto da conoscerne perfino i custodi; conta che quando non si mette a fare a pugni con i propri fantasmi, mostri un braccio che delizia. All’inizio, gli basta armeggiare con classe il dritto, il colpo migliore del pomeriggio, per soffocare le scarne velleità del rivale bielorusso, numero 122 del mondo uscito dalle qualificazioni, mano di pietra con l’handicap di spostamenti laterali rivedibili. Tutto troppo facile, e allora Fogna si complica la vita nel secondo set con un paio di game orrendi, fino al 4-1 sotto e il rischio tangibile di sprecare il parziale e l’occasione di una rapida fuga sotto la doccia: «Mi sono incasinato da solo con un paio di rovesci sbagliati e uno smash in rete sulla palla break per lui. Ero arrabbiato con me stesso, certe leggerezze non dovrei permettermele più, soprattutto nelle partite più difficili di questa». Recuperato il senno e dunque il filo tecnico della sfida, Fabio rimonta in un amen perché il divario di qualità rimane incolmabile: «Bene con il dritto, specialmente in risposta. Il servizio come al solito è stato ballerino, ma sono contento, i primi match di un torneo non sono mai semplici. La stagione sulla terra ha sempre un significato particolare per me, ci tengo molto e la condizione che ho mostrato dall’inizio dell’anno mi conforta».
IN CRESCITA Sulla sua strada adesso un bombardiere come Struff, che andrà maneggiato con cura e soprattutto privato del comando degli scambi per evitare sassate a ogni punto: «Dovrò essere più aggressivo, se tiene lui il gioco è dura». Anche il rosso Edmund picchia forte e atterra sul Principato con la fiducia della prima finale in carriera (persa domenica a Marrakech) e del miglior ranking di sempre (23), eppure la formichina Seppi, dopo la fatica perdente della Davis e due buone partite in qualificazione, lo disinnesca con un terzo set perfetto, dove il rovescio lungolinea diventa il grimaldello per sottrarre al rosso dello Yorkshire la clava del dritto a sventaglio. Una bella vittoria, contro classifica e per il rilancio dopo la sosta forzata causa inseparabile iniezione all’anca: «Sicuramente era sballottato dal viaggio e dalle emozioni dell’ultima settimana — riconosce Seppio — ma io ho giocato un match intelligente, impedendogli di fare quello che gli viene meglio, cioè colpire forte e angolato quando la palla gli arriva vicino al corpo. Mi dispiace per la Davis, mi ero allenato poco dopo le tre settimane di stop in Colorado, ora la condizione è in crescita». Andreas spera di arrivare a fine anno senza un’altra infiltrazione («Sarebbe prevista a settembre, ma magari riesco a tirare fino all’inverno, se non corro rischi») e occhieggia felice al tabellone che oggi gli affida in sorte Garcia-Lopez, battuto 7 volte su 8. Lo spagnolo è dentro come lucky loser dopo che nelle qualificazioni aveva perso da Cecchinato, aprendo al palermitano la strada per la seconda partecipazione al Masters 1000 del Principato. Onorata con un brillante successo sul bosniaco Dzumhur, n. 31 del mondo (il nostro è n. 100) e malgrado un avvio rabbrividente, 0-3 con due break. Poi un passante vincente di dritto da posizione impossibile regala a Marco il primo game della partita e da lì è un’altra storia, con sei giochi filati e il rivale annichilito: «Dopo quel terribile inizio ho cercato di essere più regolare e ritrovare fluidità. Quando ho realizzato il primo contro-break sono riuscito a essere più aggressivo». Lo aspetta Raonic, che lo batté qui proprio due anni fa: «Successivamente ci giocai a Roma, ho dei buoni ricordi e non mi sento battuto». Dopo aver esorcizzato il 17, sognare un’altra tripletta non ha prezzo. O questo non è forse il torneo degli italiani?