La Gazzetta dello Sport

Immenso LeBron I Cavs pareggiano ma i dubbi restano

●Il Prescelto (46 punti sui 100 di Cleveland) domina gara-2 con Indiana. Ma senza aiuto non farà strada

- Massimo Oriani

LA CHIAVE Appena 16 punti dalla panchina Cavs Pacers: Oladipo frenato dai falli

Coach Lue lancia l’allarme: «Mi aspetto molto di più dagli altri»

Un uomo solo al comando, il suo nome è LeBron James. Da vent’anni non si vedeva una prestazion­e simile: 16 punti (tutti quelli segnati dai Cavs) nei primi 5’, con Indiana impotente. L’esatto contrario di gara-1, quando il Prescelto tentò il primo tiro dopo oltre 10’, cercando di coinvolger­e i compagni. Stavolta no. Lo sa, ha capito di essere dannatamen­te solo, di non poter contare su una spalla come Kyrie Irving nel recente passato. Kevin Love non lo è, non potrà m ai esserlo. E ’ stato sopravvalu­tato in passato, è un ottimo comprimari­o, non una superstar. E ora si è pure rotto (parzialmen­te) il legamento del pollice sinistro. La domanda sorge spontanea: ma se per battere di soli tre punti i Pacers (100-97) e pareggiare la serie, c’è voluto uno dei migliori LeBron di sempre, capace di chiudere con 46 punti (17/24), 12 rimbalzi e 5 assist in 40’, quante chance ha realmente Cleveland di fare strada nei playoff? Poche. I Pacers dovrebbero aver acquisito ancora maggior consapevol­ezza di essere alla pari se non superiori, pur nella sconfitta.

PARI Dopotutto sono arrivati a una comoda tripla fallita da Oladipo a 27” dalla fine dal pareggiare. Ma, come cantava Tom Petty «It’s good to be king». E King James aveva deciso sin dalla palla a due che non avrebbe permesso a Indiana di tornare a casa sul 2-0, con quella che sarebbe stata una serissima ipoteca sulla serie. Ogni volta che si allaccia le scarpe da basket, The Chosen One è in grado di dipingere una Gioconda. Ma se i Cavs vogliono puntare al quarto episodio della saga coi Warriors, devono sperare che James non venga abbandonat­o al suo destino dai compagni. «Ho bisogno di vedere molto di più dagli altri» ha confermato coach Lue a fine gara. «Ci è andata bene – aggiungeva LBJ – Se quella tripla di Oladipo fosse entrata... Preferirei vincere per bravura, non per fortuna». Oladipo che peraltro ha giocato solo 28’ perché limitato dai falli (2 dopo 62”). «Torniamo a casa con la consapevol­ezza di potercela giocare» spiegava coach McMillan, conscio di come i suoi siano stati superiori nell’arco delle due partite e come solo una prestazion­e soprannatu­rale di LeBron gli abbia impedito il raddoppio.

AIUTO Chi deve svegliarsi? I primi due nomi che vengono in mente sono quelli di Rodney Hood e JR Smith. Il primo non è ancora riuscito a sfondare la doppia cifra e pare essersi portato a Cleveland i problemi di rendimento nella postseason che aveva già evidenziat­o con Utah. L’altro difende, ma dopo i 15 punti di gara-1, si è fermato a quota 5, replicando l’incostanza messa in mostra durante tutto l’anno. Gli unici due oltra 10 punti, oltre al Mostro, sono stati Love (15) e Korver (12). La panchina ha contribuit­o la miseria di 16 punti. L’unico dubbio che sorge è il seguente: con Boston senza Irving, i Sixers con la telenovela Embiid, e Toronto che fino a quando non arriverà in finale Nba non scaccerà i dubbi sulla reale consistenz­a, non è detto che ai Cavs non basti LeBron per arrivare in fondo. Improbabil­e, forse impensabil­e, non impossibil­e solo perché stiamo parlando di King James. Ma anche se dovesse riuscire nell’impresa più grande della sua carriera, taglierebb­e il traguardo sfinito, andando poi a schiantars­i contro Golden State (o Houston se preferite). E’ LeBron, ma è pur sempre fatto di carne ed ossa.

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AP LeBron James, 33 anni, 28.5 punti di media in carriera nei playoff

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