La Gazzetta dello Sport

L’avventura sulle Ande Tredici cime in 40 giorni UNA CAVALCATA DALL’ARGENTINA ALLA BOLIVIA

●Concatenam­ento delle vette oltre i 6500 metri con velocità e leggerezza

- Marisa Poli

Una cavalcata sui 13 maggiori colossi delle Ande Sudamerica­ne, dalle cime più alte dell’Argentina e del Cile, fino alla Bolivia. Tredici montagne sopra i 6500 metri salite in 40 giorni, con l’idea di alpinismo che Franz Nicolini ha sempre portato avanti. C’è un alpinismo che punta agli Ottomila, ce ne sono altri che cercano nuovi modi per vivere l’avventura in montagna, che siano le sfide invernali, le pareti mai salite o i concatenam­enti. E Nicolini, 58enne di Molveno, ha sempre fatto dei concatenam­enti la sua filosofia di salita: in passato è stato protagonis­ta di Dolomiti 106, salendo le vette dolomitich­e oltre i 3 metri e di Linea 4000, quando affrontò le 82 cime delle Alpi sopra i quattromil­a.

PROGETTO Per questo progetto che si è realizzato in tempi più brevi di quanto si aspettava, Nicolini ha portato con sé i fratelli Franchini (Silvestro e Tomas, di Madonna di Campiglio) e il giovane Michele Leonardi (di Caderzone). Un anno di preparazio­ne per una spedizione in economia, finanziata dagli sponsor per la fornitura dei materiali. «Il gruppo è partito da Malpensa il 20 febbraio, ha salito la prima vetta, l’Aconcagua il 26 febbraio, e il 6 aprile era già sul Sayama, ultima parte del progetto primaveril­e» spiega Silvio Simontacch­i, da sempre a fianco di Nicolini. Il cammino non è ancora completato, nel progetto ci sono ancora tre cime — Huascaran Sur, Huascaran Norte e Yerupaja — rinviate in autunno visto il rischio di valanghe in Perù. «Ci godiamo questo fantastico traguardo» — è la gioia di Nicolini, guida alpina e gestore del Rifugio Pedrotti, sulle Dolomiti del Brenta, oltre che specialist­a dell’Elisoccors­o trentino.

AVVENTURA

Velocità e leggerezza sono state le parole d’ordine di quella che i protagonis­ti non vogliono chiamare «impresa» ma «avventura». Spiega Nicolini «l’idea che ha prodotto questo progetto è lontana da tutto quello che spinge oltre il limite. Los Picos 6500 non rappresent­a un’impresa o una sfida, ma un’esperienza unica nella ricerca dell’equilibrio dell’uomo. Per noi Los Picos ha significat­o unire non solo cime, ma stati d’animo, sensazioni, pensieri e uomini». Il gruppo ha viaggiato a piedi e arrampicat­o «con uno stile molto leggero, pochi bivacchi e lunghi tiri singoli: è essenziale per noi usare attrezzatu­ra leggera e comoda». La velocità ha consentito di aumentare la sicurezza, riducendo i tempi di permanenza nelle zone pericolose.

FILOSOFIA

«E’ stato un mezzo per raggiunger­e uno stato di piena libertà, rispetto agli schemi tradiziona­li dell’alpinismo» sostiene Nicolini, che racconta come, tranne due o tre vette, tutte le altre sono state raggiunte in giornata. Tra i momenti più difficili, a causa delle condizione meteo, ricorda la salita alla vetta del Mercedario a 6700 metri «con vento fino a 110 chilometri orari». Nel cuore di Nicolini, tornato in Italia nei giorni scorsi, resta l’emozione sul Sajama «che rappresent­ava l’obiettivo e il traguardo di tanti anni di sogni per un concatenam­ento così impegnativ­o in un luogo così lontano dalle nostre montagne».

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 ??  ?? Da sinistra, Franz Nicolini, Silvestro Franchini, Michele Leonardi e Tomas Franchini durante il tentativo in Sud America
Da sinistra, Franz Nicolini, Silvestro Franchini, Michele Leonardi e Tomas Franchini durante il tentativo in Sud America

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