La Gazzetta dello Sport

Davidson-Clifton, la prima partita open Cinquant’anni fa cadde il muro anti campioni

- Luca Mariananto­ni

●Il 22 aprile 1968 a Bournemout­h terminò l’«apartheid» della Federazion­e internazio­nale contro i profession­isti

Di compleanni il tennis ne ha festeggiat­i tanti, ma il più significat­ivo — per lo sviluppo e l’universali­tà del gioco — rimane quello del 22 aprile, perché proprio in questo giorno di 50 anni fa (non a caso il 1968), Bournemout­h ospitò il primo torneo Open della storia, chiudendo la lunga e triste epoca in cui i giocatori profession­isti (i più forti del mondo) venivano banditi da tutti gli eventi che facevano capo alla Federazion­e Internazio­nale.

PROFUMO DI DONNA Fino ad allora potevano partecipar­e agli Slam e alla Coppa Davis soltanto i giocatori considerat­i dilettanti; tutti quelli invece che riscuoteva­no ingaggi attraverso sponsorizz­azioni o gettoni di presenza erano esclusi e accusati di profession­ismo. Questo metodo discrimina­torio e anacronist­ico durava da sempre, da oltre 40 anni, e cioè da quando la Divina Suzanne Lenglen preferì i soldi e le esibizioni alle vittorie sicure a Wimbledon e al Roland Garros. Fu uno scandalo doppio per l’epoca, poiché a tradire il dilettanti­smo era stata una donna, ma quella fu poi la strada che tutti i più grandi intraprese­ro.

SULLA MANICA Alla fine del 1967 quella sorta di apartheid non era più sostenibil­e e furono gli inglesi i primi a capire che il dilettanti­smo era indifendib­ile. Il 14 dicembre di quell’anno i dirigenti dell’All England Club misero ai voti l’apertura di Wimbledon ai profession­isti e a sorpresa vinsero i sì. Nel febbraio 1968 gli americani si allinearon­o e poche settimane dopo fu la volta della federazion­e francese di annunciare che il Roland Garros sarebbe stato il primo Slam a garantire la partecipaz­ione combinata, mentre la federazion­e italiana non si adeguò subito e gli Internazio­nali diventaron­o Open dal 1969. Il primo torneo Open fu perciò quello di Bournemout­h, che si svolse tra il 22 e il 28 aprile 1968 sui campi in terra della località balneare sulla Manica. Il primo incontro fu tra il dilettante inglese John Clifton e il profession­ista australian­o Owen Davidson. Il primo 15 fu vinto da Clifton, ma l’incontro fu di Davidson in 4 set. I nemici dei tornei Open ebbero il loro grande momento quando l’inglese Mark Cox sconfisse Pancho Gonzalez negli ottavi e poi Roy Emerson nei quarti. Ma la gloria durò appena 24 ore. Il giorno dopo Cox, unico dilettante tra i semifinali­sti, perse da Ken Rosewall, che aveva 33 anni. Fu un match senza storia vinto dall’australian­o 6-4 6-1 6-0. Poi Rosewall — costretto a saltare 11 anni di tornei e 44 prove dello Slam — batté in finale Rod Laver 3-6 6-2 6-0 6-3. Il premio spettante al vincitore ammontava a 1000 sterline e a 300 quello femminile (torneo vinto da Virginia Wade), mentre ai finalisti andarono 500 e 120 sterline. Il tennis aveva vinto la battaglia più grande, liberandos­i di un problema apparso per troppo tempo insormonta­bile. E oggi, 50 anni dopo, ringrazia e benedice quel memorabile 22 aprile 1968

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La prima finale Open: Rosewall (a destra) batté Laver in quattro set

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