La Gazzetta dello Sport

SARRI UN MAESTRO MA MAX È FAVORITO

Il duello-scudetto tra Juve e Napoli

- di ARRIGO SACCHI

S ono stati i soli a cercare la vittoria: alla fine, gli azzurri di Sarri ci sono riusciti. I bianconeri di Allegri, non al top, hanno interpreta­to...

Sono stati i soli a cercare la vittoria: alla fine, gli azzurri di Sarri ci sono riusciti. I bianconeri di Allegri, non al top, hanno interpreta­to l’incontro come quasi sempre fanno con avversari di alto livello: prudenza, fase difensiva serrata, attendendo soprattutt­o il contropied­e salvavita o l’errore dell’avversario o l’exploit di un singolo. Max è stato coerente con le proprie idee e ha sempre battuto il Napoli in questo modo. Stavolta gli azzurri sono stati bravissimi nella fase difensiva non commettend­o errori e non permettend­o le ripartenze, pezzo forte dei bianconeri. Se il Napoli non avesse vinto, avrebbe subito un torto al proprio merito e coraggio. Il gol al 90’ forse ha fatto cambiare parere e valutazion­i a gran parte della critica, sempre condiziona­ta dal risultato finale. Questo è un problema che non aiuta la crescita culturale e sportiva, non consente di venire fuori dalla convinzion­e che conti soltanto vincere. Lo si deve fare con merito, bellezza, coraggio, idee e spettacolo, tutti valori che permettono di uscire dal passato.

Gli uomini di Sarri sono arrivati allo Stadium alla ricerca del proprio stile di gioco: lo hanno ritrovato quasi d’incanto grazie a una compattezz­a e a una lettura difensiva che hanno interessat­o tutta la squadra. Non hanno mai permesso a Douglas Costa, Higuain, Cuadrado, Dybala di ricevere liberament­e il pallone: le scalate, i raddoppi e il pressing sono stati costanti e attuati con tempi corretti, così da avvilire gli juventini, dando autostima e sicurezza ai napoletani. Le sbandate contro Chievo e Udinese sono ricordi lontani, quindi forse il problema è stato più psicologic­o che fisico. I sarriani hanno uno stile che necessita di collaboraz­ione, organicità, tempi di gioco e di movimento, copertura degli spazi e sincronism­i che poche squadre posseggono, come mi confermava l’amico Guardiola. In Italia, finché il tatticismo supererà la fantasia, sarà impossibil­e dare uno stile che dica chi sei e come sarai. Non si è visto grande calcio, anche se gli azzurri hanno dominato il gioco, ma in fase di possesso non sempre ci sono stati la velocità e tanto meno gli smarcament­i negli spazi, che avrebbero compensato lo scarso peso fisico e un’abilità di dribbling limitata. Però tutti si sono impegnati al massimo, anche se Mertens e Callejon sono apparsi meno decisivi e brillanti.

Questa vittoria, unita all’amore dei propri tifosi, permetterà progressi a tutti gli azzurri, anche se eccessive euforia e pressione potrebbe creare problemi a un gruppo poco abituato alle grandi affermazio­ni. Al contrario, i bianconeri sono ancora i favoriti avendo un punto di vantaggio: contano su una grande esperienza, hanno alle spalle una società competente e ricca come nessun’altra, con un tecnico che ha dimostrato di conoscere e gestire perfettame­nte tutte le situazioni. Sono rimasto sorpreso dalle feste con canti nello spogliatoi­o azzurro: capisco che vincere a Torino non è semplice, mi ricordo di Baresi emozionato la prima volta che vincemmo dopo una decina di anni. Penso anche alla vittoria del nostro Milan al San Paolo nel 1988, applaudito dagli sportivi napoletani, che però, avendo un solo punto di vantaggio, non festeggiam­mo, già concentrat­i sulle due partite successive. Gli uomini di Max sono duri a mollare: sono i più forti, anche se non i più belli. In Italia di solito si vince prevalente­mente con prudenza, forza, determinaz­ione, qualità dei singoli, capacità agonistich­e e tatticismo. Di bellezza di gioco, spettacolo e merito neanche a parlarne, così si rimane nel passato. Purtroppo i concetti sono i medesimi di 50 anni fa. Diceva Cassius Clay: «Se a cinquant’anni pensi come a venti, significa aver buttato via trent’anni di vita».

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