La Gazzetta dello Sport

AUGURI A BARESI 40 ANNI DI MILAN

Nel 1978 l’esordio in A della bandiera rossonera

- TEMPI SUPPLEMENT­ARI di ALBERTO CERRUTI email: acerruti@rcs.it

Quando si dice «un predestina­to». Chissà quante volte è stata utilizzata questa espression­e per descrivere un giocatore all’alba o al tramonto della carriera. Sicurament­e non aveva sbagliato nessuno, 40 anni fa, quando Franco Baresi debuttò in Serie A, accompagna­to da elogi unanimi. Rileggere, per credere, la «Gazzetta» di domenica 23 aprile 1978, con due righe di titolo d’altri tempi in prima pagina, ideate dal direttore Gino Palumbo. «Juventini sentite la radio/lo scudetto può venire da Firenze». In realtà il diciottesi­mo scudetto bianconero non arrivò quel pomeriggio in cui, tra le otto partite di un campionato a sedici squadre, alle 15.30 era in programma anche Verona-Milan, con i rossoneri al quarto posto e i padroni di casa al nono. Una gara apparentem­ente insignific­ante, passata alla storia proprio per l’annunciato esordio del diciassett­enne Baresi. Senza il libero titolare Turone, fermato da una squalifica, il maestro Liedholm, che di giovani se ne intendeva, non ebbe dubbi spiegando la sua scelta alla vigilia, a Milanello. «Lui jà titolare e capitano nella nazionale juniores, futuro Beckenbaue­r». Quella volta non esagerava come quando disse che Tosetto era «il Keegan della Brianza», perché Baresi dai compagni era già chiamato «Franz», nome di battesimo del campione tedesco.

I suoi primi 90’ portarono bene a lui e al Milan, che tornò al successo per la prima volta al Bentegodi cinque anni dopo la «fatal Verona». In svantaggio per un’autorete di Bet, i rossoneri pareggiaro­no con Bigon e poi vinsero 2-1 con un rigore di Buriani. Quel giorno Liedholm schierò: Albertosi; Sabadini, Boldini; G. Morini, Bet, Baresi; Tosetto, Capello (poi sostituito da Gaudino), Bigon, Rivera, Buriani. Con la sua prima maglia numero 6, Baresi si guadagnò l’unico titolo sopra le pagelle dell’inviato David Messina: «Ottimo esordio di Baresi», con il voto più alto (7), guarda caso lo stesso del suo capitano Rivera. E proprio Rivera, che a 34 anni aveva il doppio della sua età, a fine partita fu il primo a esaltare quel ragazzino timido che faticava a dargli del tu e arrossiva nelle interviste. «Non ha mai avuto il minimo timore. Meglio di così non poteva incomincia­re, perché anche quando stavamo perdendo ha mantenuto una calma invidiabil­e».

Eppure lui, il piccolo ma già grande Baresi, mostrando subito la sua straordina­ria mentalità vincente, non era del tutto soddisfatt­o. «Credo di aver sbagliato un paio di palloni per colpa del terreno – ci disse -, poi nel finale potevo anche segnare se non mi fossi portato la palla troppo avanti. Ringrazio per i compliment­i, ma il posto è di Turone. Io da domani torno con la Primavera». E fu così, perché Baresi riprese a giocare con i ragazzi della sua età, coccolato dal massaggiat­ore Paolo Mariconti che lo chiamava «Piscinin», cioè piccolino in milanese. Nella Primavera, però, rimase soltanto fino al termine della stagione, perché Liedholm in luglio lo portò in ritiro con Rivera e compagni a Vipiteno, promuovend­olo subito titolare. Guarda caso l’anno successivo il Milan festeggiò lo scudetto della stella, con Baresi numero 6. E il resto è nella storia del calcio, perché Baresi è stato anche campione del mondo con l’Italia di Bearzot nel 1982, prima di vincere tutto con la maglia rossonera, rimanendo per sempre la bandiera del Milan. E infatti, 40 anni dopo il suo debutto a Verona, è ancora in sede tutti i giorni e a San Siro tutte le domeniche. Un record di fedeltà che nemmeno Rivera e Maldini, gli altri grandi capitani rossoneri, sono riusciti a battere.

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