Adieu Henry, terzo coi Bleus al Mondiale ’86 L’altro Michel che ha fatto grande la Francia
●Il tecnico, morto a 70 anni, in Messico aveva eliminato l’Italia. Poi ha guidato tre nazionali africane in altre tre coppe
Per noi è sinonimo dell’amara eliminazione da campioni del Mondo in carica. 17 giugno 1986. Stadio di Città di Messico. Ottavo di finale contro la Francia di Michel Platini. Finì 2-0 per loro, con un gol anche del Roi bianconero. Sulla panchina dei Bleus invece c’era Henri Michel che ieri è spirato all’età di 70 anni, dopo una vita da c.t. giramondo. E 4 Mondiali in curriculum. Ma quello in Messico, dove chiuse al 3° posto, fu l’unico con la nazionale del suo Paese che lo scaricò 2 anni dopo essere approdato in semifinale, persa contro la Germania Ovest. Ma dopo uno storico quarto, vinto ai rigori contro il Brasile di Falcao, Zico, Socrates, Careca, rimasto nei cuori dei francesi.
FESTAIOLO L’addio alla Francia arrivò pure dopo un litigio con Eric Cantona che gli diede del «sacco di m...», facendosi squalificare per un anno. Scontro frontale tra due personaggi in fondo simili, poco inclini al compromesso. A loro modo esuberanti. Michel dai tempi del Nantes (640 presenze, 95 reti da centrocampista) si portava dietro pure una reputazione di festaiolo: «Ma ero sempre puntuale agli allenamenti e ben presente in campo». Fatale per la panchina dei Bleus gli fu soprattutto la mancata qualificazione all’Europeo 1988 con la generazione di Platini ormai agli sgoccioli. Gli tolsero la nazionale con cui tra il 1967 e il 1980 aveva giocato 58 partite, incluse due a Argentina 1978 (una proprio contro l’Italia), segnando 4 gol. Passò un paio d’anni al centro federale dove si era fatto un nome anche con la medaglia d’oro a Los Angeles ’84. Poi tentò di decollare con il Psg, ma venne fatto fuori quando il club passò a Canal+, da gente che considerava amici.
AVVENTURA La pugnalata di troppo. Michel allora voltò le spalle al calcio per fare l’assicuratore, ma lo chiamò un cugino di Yannick Noah che lo portò sulla panca del Camerun con cui si presentò ad Usa 1994. E 4 anni dopo tornò in Francia, da avversario, con il Marocco, poi condotto alla Coppa d’Africa del 2008. Un altro Mondiale lo giocò con la Costa d’Avorio nel 2006, pochi mesi dopo la finale, persa ai rigori, di Coppa d’Africa. L’ultima avventura si era chiusa nel 2012 col Kenia dopo aver allenato anche Emirati, Tunisia e Guinea Equatoriale. E vari club tra Qatar, Arabia, Egitto, Sudafrica, Marocco e Grecia. «Del calcio - spiegava di recente -, mi mancano i rapporti umani. Ma ho dato tutto da giocatore e da allenatore. Non ho nessun rimpianto. Rifarei tutto allo stesso modo».