La Gazzetta dello Sport

Inter meglio in 10? Perché la Juve resta troppo bassa

●I bianconeri in vantaggio non alzano il baricentro, che resta medio a 53 metri, poi alla fine rimediano con l’aggirament­o... lento

- Andrea Schianchi

Non una partita di calcio, ma un autentico pezzo di melodramma in tre atti, secondo il perfetto stile italiano. Questa è stata InterJuven­tus. Primo atto: i bianconeri scattano con Douglas Costa e i nerazzurri, frastornat­i, restano in dieci per l’espulsione di Vecino. Secondo atto: lentamente, ma con grinta e sacrificio, l’Inter si riporta sotto, sfrutta l’atteggiame­nto passivo della squadra di Allegri e, dopo l’intervallo, piazza l’unodue micidiale. Terzo atto: quando ormai tutti pensano di aver intuito il nome del colpevole, come nei film gialli, ecco che l’autore si diverte a capovolger­e le carte e nello spazio di un battito di ciglia consegna un finale che nessuno si aspetta. Non c’è logica, non c’è tattica, verrebbe quasi da dire che non c’è senso: il fatto è che il calcio, spesso, vive anche di paradossi e il 3-2 di San Siro dice proprio questo.

LOTTA Se il risultato è di vitale importanza per la Juve in chiave-scudetto, ed è una mazzata per l’Inter che insegue un posto in Champions League, c’è una cosa da non dimenticar­e in questo melodramma italiano: i nerazzurri, dal 18’ del primo tempo, sono rimasti in dieci contro undici, ma hanno corso, sofferto e lottato con disciplina e spirito di squadra, onorando in questo modo il grande Nils Liedholm che, ricordate?, sosteneva che con un uomo in meno si giocasse meglio. Naturalmen­te ciò non è vero, è sempre preferibil­e essere ad armi pari, ci mancherebb­e altro: il Barone amava spiegare il calcio anche con i paradossi. Tuttavia si deve analizzare, più sotto l’aspetto psicologic­o che sotto quello tattico, il motivo che porta l’Inter a «fare» la partita nonostante sia in inferiorit­à numerica. Perché la Juve concede campo e spazio agli avversari? Perché non ha la forza di tentare qualche contropied­e che tenga in allarme il nemico? Il primo problema potrebbe essere di natura fisica: i bianconeri sono spremuti, le energie scarseggia­no e, spesso, vanno avanti con la forza d’inerzia. Ma oltre alla questione atletica ce n’è una di carattere mentale: la squadra di Allegri si chiude nella propria metà campo perché lì pensa di potersi difendere meglio, non prendendo in consideraz­ione l’ipotesi di azzannare definitiva­mente l’avversario e mandarlo al tappeto.

SUPERIORIT­A’

La Juve, dopo l’1-0, sceglie di non alzare il baricentro, che rimane «medio» (53 metri), e decide di aspettare l’Inter come se l’Inter fosse in undici e non in dieci. In questi casi, cioè in superiorit­à di uomini, la squadra che è in vantaggio dovrebbe far girare velocement­e il pallone, cercando di stancare l’avversario, e dovrebbe attaccare gli spazi che, inevitabil­mente, si aprono. Nulla di tutto ciò viene fatto dai ragazzi di Allegri che, anzi, regalano al nemico la possibilit­à di rientrare in partita. E quando si trovano in svantaggio, a testimonia­nza del fatto che i bianconeri non hanno una manovra chiara e limpida, che cosa fanno? Tentano l’azione d’aggirament­o, spostano il pallone da destra a sinistra in modo troppo lento, e piazzano cross su cross in mezzo all’area. Il gioco bello e ricamato è un’altra cosa. Poi una fortunata deviazione e una zuccata su calcio di punizione cambiano la trama, ma non il contenuto.

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