«Io penso solo a Sean Cox: italiani, è ora di ribellarsi»
●Furioso con le frange violente, cita le stragi di mafia: «Gli imbecilli stanno rovinando tutto»
Vedendo James Pallotta giocare sorridente sotto la Sud con i figli di Federico Balzaretti, sembrerebbe delinearsi l’idillico quadretto finale di una partita perfetta. Invece ancora una volta proprio la gran parte di quella curva lo ha prima insultato e poi virtualmente tradito, invocando «Libertà per gli ultras» e offendendo carabinieri e giornalisti. Tutto questo all’inizio, al minuto 30 (non casuale: è quando i daspati devono firmare nei vari commissariati) e poi ancora più tardi, mentre il coro di gran lunga più cantato è uno: «Odio Liverpool». Insomma, il dramma di Anfield è scivolato addosso ai violenti – di mano e di lingua – come lacrime nella pioggia. Per questo alla fine Pallotta carica a testa bassa, senza fare sconti, paragonando in qualche modo l’emergenza ultrà addirittura a quella della mafia.
L’APPELLO «Non voglio parlare della partita, peraltro bellissima – dice il presidente –, ma non è questione di vita o di morte. Questa riguarda la vita di Sean Cox (il tifoso del Liverpool in coma, ndr), davanti a cui il risultato passa in secondo piano. Sono molto triste per Roma e l’As Roma che, a causa di pochi individui, vedono la propria immagine rovinata e calpestata in questo modo. Non conosco bene i fatti, ho visto le immagini come tutti, e vedere Sean a terra è stato terribile. È l’espressione della massima stupidità che possono avere degli essere umani. I miei pensieri vanno alla sua famiglia. È deprimente che poche persone – che alcuni mesi fa ho chiamato in un modo che sapete (fucking idiots, ndr) –
20’ S.T.
TUTTI PRENDANO POSIZIONE, COME NEL 1993 DOPO LA BOMBA DI FIRENZE
JAMES PALLOTTA
SUGLI INCIDENTI DI ANFIELD
purtroppo rovinino l’immagine di tutti. La curva Sud ha dei tifosi straordinari; se abbiamo fatto quella rimonta contro il Barcellona è stato grazie al contributo del 99.9% di loro. Purtroppo però una piccolissima frangia, di solito al di fuori degli stadi, rovina tutti. È tempo che le cose cambino, in Italia e a Roma, perché succedono troppo spesso». E qui Pallotta lancia un appello all’Italia MANCINI del pallone. «Nel 1993 ero stato a Firenze, agli Uffizi, e dovevo anche fermarmi a cena in quella zona, ma cambiai idea. Quella notte (tra il 26 e 27 luglio, ndr) avevo sentito delle sirene, ma non sapevo bene cosa fosse successo. Poi partii per Parigi e lì, in hotel, mi parlarono di bombe, così scoprii che una parte del museo era stato fatto saltare in aria. In quell’occasione gli italiani scesero in piazza e manifestarono contro la criminalità organizzata; forse è il caso che si inizi a prendere posizione in questo senso. Purtroppo, il calcio italiano e Roma hanno una storia in questo senso che dura da troppo tempo. Questo ci consegna una reputazione immeritata. I nostri tifosi sono fantastici, i migliori del mondo, e purtroppo per questa minoranza di perfetti imbecilli si compromette la nostra storia e il nostro patrimonio». E se ne va a cena coi dirigenti con la faccia corrucciata, come se la Roma avesse perso. E forse è proprio così.