Che impresa Cecchinato L’estasi dopo gli errori
●Il palermitano batte Seppi nel derby azzurro e conquista la prima finale in carriera: nel 2015 era stato coinvolto in un giro di scommesse
L’errore ci dona semplicemente l’opportunità di iniziare a diventare migliori. E con umiltà vivere il rinascimento personale fino a sublimarlo con la vittoria più importante in carriera, per di più contro un avversario che hai sempre preso ad esempio. Proprio così: con Marat Safin, l’altro idolo di Cecchinato, per professionalità e applicazione, è Andreas Seppi. E allora deve essere un segno del destino se la prima finale in carriera di Marco matura quando dall’altra parte della rete c’è un atleta che ammiri e che riesci a domare con le doti che per solito esaltano il rivale, cioè la lucidità e l’esperienza.
ALL’INFERNO E RITORNO Quando Seppi è avanti un set e un break (2-0), il derby di Budapest pare segnato e invece Ceck lo ribalta con le armi che maneggia meglio, il servizio (8 ace) e il dritto, ma anche con il rovescio a una mano che gli offre gustose soluzioni lungolinea quando l’altro gira intorno alla palla per colpire a sventaglio e che è l’emblema più fulgido della crescita di Marco: da colpo per sua stessa ammissione «sotto la sufficienza», è diventato un pungiglione velenosetto. Ma il cammino di Cecchinato, solo l’ultimo degli italiani che si ritrova a 25 anni, un’età in cui all’estero si è già vinto, è lastricato soprattutto della personalità e della consapevolezza sgorgate dalla rabbia per un’ombra che aveva rischiato di strozzargli la carriera. A luglio 2016, viene squalificato 18 mesi per aver alterato, nell’ottobre 2015, un match contro il polacco Majchrzak al Challenger marocchino di Mohammedia e per aver passato altre informazioni riservate ad alcuni amici scommettitori. Se venisse riconosciuto l’illecito sportivo, sarebbe radiato, e invece gli viene contestata la violazione dei doveri di lealtà sportiva. La sospensione viene poi ridotta a 12 mesi e alla fine del 2016 è addirittura assolto per un vizio di procedura (Fit e Coni hanno presentato richiesta di squalifica troppo tardi). Uscito in qualche modo dal baratro,
Ceck si lascia il buio alle spalle e riparte.
SENZA INTERNAZIONALI Lui, che proprio tre giorni prima del fattaccio del 2015 era salito al n. 82 del mondo, cioè a un passo dal paradiso che ti schiude le porte di ogni torneo, ricomincia dai Challenger, dalle qualificazioni, dai viaggi massacranti in posti improbabili. E cambia allenatore, scegliendo Simone Vagnozzi, fino al 2011 giocatore di discreto livello: «E’ una persona molto intelligente: sfruttava alla grande i suoi punti di forza e te lo trasmette sul piano tattico. Inoltre è un grande lavoratore: mi ha fatto capire che per arrivare ad alti livelli bisogna trascorrere tanto tempo sul campo». La favola richiederebbe oggi una conclusione degna del percorso di redenzione (l’altra semifinale è stata intanto sospesa per oscurità), con Cecchinato già a casa una settimana fa e adesso in finale da lucky loser. Intanto, comunque vada, domani accanto al suo nome ci sarà (almeno) un bel 68 a descriverne la nuova classifica, accompagnato dal rimpianto per gli Internazionali di Roma incombenti: Marco è rimasto fuori di qualche posizione dalle qualificazioni (sul ranking del 2 aprile) e non avrà wild card. Per consolarsi, si goda il nuovo status di big. Budapest (501.345 , terra), semifinali: CECCHINATO b. SEPPI 5-7 7-6 (4) 6-3; Millman (Aus) c. Bedene (Slo) 2-6 7-6 (3) sospesa per oscurità. Oggi finale alle 15 (diretta Supertennis)