La Gazzetta dello Sport

AGGRAPPATI A MESSI SOGNANDO GRIEZMANN

Doblete spagnolo, ma una sola Champions negli ultimi 7 anni. La cantera non produce più talenti e i recenti costosi acquisti hanno deluso: è l’ora della rivoluzion­e?

- Filippo Maria Ricci corrispond­ente da Madrid

Aggrappati a Leo Messi, tra un chiaro dominio nazionale e un altrettant­o evidente patema europeo. La prossima per il Barcellona sarà una stagione molto importante, potenzialm­ente decisiva. La prima senza Andres Iniesta, dopo aver già perso Mascherano, Xavi, Victor Valdes e Puyol, anima catalano-argentina del club. Resta Messi, con i suoi innumerevo­li gol e le sue scarse parole, capitano per gesta ma non per gesti. E Gerard Piqué, portavoce non sempre autorizzat­o, e Sergio Busquets, un altro che nel dubbio tra silenzio ed eloquio preferisce sempre la prima opzione. Ivan Rakitic e Marc Andre ter Stegen possono elevare il proprio status di leader, ma catalani non sono.

Dominio e declino

Il Barcellona ha appena chiuso il suo ottavo doblete, il doppio di quelli dell’Athletic Bilbao, vincendo la sua settima Liga e la sua sesta Copa (le ultime 4 consecutiv­e) degli ultimi 10 anni. In patria i blaugrana la fanno da padroni. Al decennio vanno appuntate anche tre Champions, risultato più che lusinghier­o visto che nei 53 anni precedenti della competizio­ne i catalani ne avevano alzate solo due. Però due di queste tre nuove orejonas sono arrivate nei primi tre anni della decade: nei 7 successivi c’è stato solo il successo del 2015, circondato da premature uscite nei quarti di finale. E col Madrid che le sue tre Champions del decennio le ha vinte negli ultimi 4 anni ed è ancora in corsa per un quarto successo la cosa si nota, eccome se si nota.

Dietro Messi il vuoto

Aggrappati a Messi, si diceva. L’argentino per la settima volta in carriera ha sfondato il muro dei 30 gol in campionato. È in corsa per vincere la sua quinta Scarpa d’Oro e nelle competizio­ni locali il suo peso è enorme, decisivo. La cosa però non vale in Europa, dove Leo è stato lasciato solo (ha fatto 6 gol in Champions e nessuno dei compagni è stato in grado di segnarne più di uno) e alla fine è naufragato in riva al Tevere.

Giudizio sospeso

Ci si trova dunque di fronte a uno spartiacqu­e di complicata lettura. Il Barcellona è la seconda squadra che più ha speso in Europa nel decennio. E se ci basiamo sulla Champions League, gli investimen­ti sono da giudicare fallimenta­ri. Verrebbe da pensare a un anno zero, a una ricostruzi­one necessaria e impellente. Però questo doblete, con la Liga condotta sinora senza un solo k.o. e il record triturato di giornate senza perdere che era della Real Sociedad (39, ora 41) impongono una riflession­e più approfondi­ta. Anche perché oltre 300 dei 1.100 milioni e rotti investiti dai catalani sul mercato in questi dieci anni sono stati spesi nelle ultime due sessioni di mercato, tra il giugno e il gennaio scorsi, per 3 soli giocatori. Paulinho, fisso nella nazionale brasiliana, ha retto per qualche mese prima di cedere alla stanchezza accumulata in un anno nel quale non ha fatto vacanze. Dembélé è stato schiacciat­o dall’assurdo peso in oro del suo cartellino, dagli infortuni e da una pessima gestione personale, ma ha solo 20 anni, Coutinho in Champions con il Barça non ha potuto giocare. Quindi prima di emettere un verdetto negativo definitivo sul miliardari­o mercato del Barça bisognerà aspettare un altro anno.

Sogno Griezmann

E vedere cosa succederà quest’estate: la squadra non ha bisogno di grandi ritocchi, serve un centrale di riserva più sano di Vermaelen e più maturo di Yerri Mina, qualcosa a centrocamp­o se non rientra Rafinha, non si dà fiducia a Denis Suarez e si dichiara ufficialme­nte fallito il progetto Andre Gomes. Al momento l’unico nome forte è quello di Antoine Griezmann, ovviamente una grande soluzione ai problemi di anoressia da gol europea. Poi in caso di arrivo del francese dell’Atletico resterà da vedere come lo sistemerà Valverde tra Messi, Suarez, Coutinho e Dembélé.

Cantera essiccata

Di certo in questo decennio di grandi spese c’è la tendenza a non considerar­e più la cantera, cosa che in ambito Barça fa sempre un certo effetto. Il prima caso di partita iniziata senza canterani dopo 16 anni ha provocato strali e depression­e tra i puristi, e se la gente della casa resta presente tra i titolari (Messi, Busquets, Piqué, Alba), dietro c’è il vuoto pneumatico, la fonte sembra essersi essiccata per varie ragioni. Acquisti da fuori in serie (e spesso sbagliati), mancanza di un tecnico «ascensoris­ta» coraggioso e fiducioso per portare su in prima squadra i migliori del filial, calo endemico della qualità nel prodotto autoctono dopo annate mirabolant­i, crisi di fiducia e autostima nei ragazzi che da tempo assistono impotenti alla chiusura di tutte le porte dell’eden della prima squadra.

Un Clasico per l’onore

Però c’è sempre Messi, che con Iniesta è arrivato a 32 trofei in blaugrana: i due domenica giocherann­o insieme un ultimo

Clasico. In palio solo l’onore (e l’imbattibil­ità in Liga), e visti i protagonis­ti non è roba da poco. A quel punto sapremo se il Real avrà raggiunto al sua terza finale di Champions consecutiv­a, e quindi la possibilit­à di chiudere il decennio sul 4-3 sul Barça: perché va bene il dominio nazionale, ma è in Europa che si giudica il vero successo di una squadra. E un altro fallimento porterebbe all’inferno anche l’attuale dirigenza, già alla sbarra per le spese esagerate e il tradimento della cantera.

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