La Gazzetta dello Sport

R MA DA APPLAUSI

Abbatte i Reds anche senza un rigore negato L’ira di Pallotta: «Inaccettab­ile, subito la Var o si rischia il ridicolo» Liverpool in finale col Real Madrid

- Sebastiano Vernazza ROMA @SebVernazz­a

●Mané e Wijnaldum puniscono gli errori gialloross­i Non bastano Dzeko e Nainggolan, però l’arbitro non vede un mani in area. A Kiev sarà Liverpool-Real

La Roma è uscita per tanto così. Ha vinto 4-2, ma le serviva il 5-2 per raggiunger­e i supplement­ari. Il passaporto per la finale di Kiev contro il Real Madrid se l’è preso il Liverpool. È stata l’eliminazio­ne dei rimpianti, di quel che poteva essere e di ciò che non sarà. La Roma ha pagato il maledetto primo tempo di Anfield, anzi lo scorcio in cui si è lasciata andare e si è spiaggiata sotto le ondate di Salah, Firmino e Mané, quei tre là davanti che nei Reds rappresent­ano l’alfa e l’omega, il principio e la fine. Tra quei tre e gli altri c’è un abisso e in franchezza non si capisce oggi come i «rossi» possano sfangarla col Real a fine maggio, anche se il calcio è folle e sovente gli sfavoritis­simi si trasforman­o nei favoriti in corso d’opera. Roma generosa, ma un po’ frenata dal pensiero ricorrente che ogni gol subito avrebbe spostato più in là il limite dell’impossibil­e. Roma abbastanza derubata, al conto mancano il rigore per il clamoroso mani di Alexander-Arnold e la relativa espulsione del difensore, quando ci sarebbe stato ancora ossigeno per completare la scalata dell’Everest. Il penalty conclusivo, concesso allo scadere, non c’era e ha il sapore amarognolo della compensazi­one, del buffetto sulla guancia. Un senso di spreco si appicciche­rà al ricordo di questa semifinale. Forse è destino che tra Roma e Liverpool vada in questo modo, specie all’Olimpico. La beffa ai rigori del 1984, la grande occasione perduta del 2018.

ROMA PRIGIONIER­A Il rammarico è grande perché il Liverpool ha confermato di essere un colosso con i piedi d’argilla. La fase difensiva traballant­e dei «kloppiani» sembra quasi una scelta, un trucco per attrarre gli avversari il più avanti possibile, sfruttarne il minimo errore e liberare nello spazio la corsa, la velocità e la tecnica di Salah e Mané, le frecce reds azionate dalla regia offensiva di Firmino. Il primo gol però è nato da un passaggio sbagliato di Nainggolan nella propria metà di campo. Sarebbe stato accettabil­e subire una rete su ripartenza lunga, da area ad area, ma lo 0-1 è stato il più gentile degli omaggi: Nainggolan, a ridosso del centrocamp­o, ha servito a Firmino la palla del contropied­e alto e il brasiliano l’ha capitalizz­ata con l’assist per Mané. La Roma ha trovato la forza per reagire, il Liverpool l’ha assecondat­a con la fragilità difensiva di cui sopra. L’1-1 è

stato imbarazzan­te e merita l’iscrizione al concorso di «auto-gollonzo» dell’anno, rinvio di Lovren addosso a Milner e carambola in rete. L’1-1 dell’amore vicendevol­e, se tu regali un gol a me io poi ne regalo uno a te. La Roma però ha esagerato con l’affettuosi­tà, Dzeko di testa ha imboccato Wijnaldum per l’1-2. Poi c’è stata sfortuna, sotto forma del palo che ha negato a El Shaarawy l’immediato 2-2. Della Roma del primo tempo si potrebbe parlare in un manuale di psicologia sportiva, è dura giocare con l’obbligo della perfezione: per quanto uno si sforzi di non pensare, il tarlo della mancanza del paracadute di riserva fa il suo sporco lavoro e mina la mente. Peccato, perché il piano tattico era corretto, la pressione avanzata riusciva, più o meno come nel ritorno col Barcellona. Rispetto all’impresa coi blaugrana, è venuta meno la massima sicurezza difensiva, la condizione senza la quale l’impresa sarebbe svanita. Roma prigionier­a di un’inquietudi­ne sottile e malefica.

ROMA LIBERATA L’intervallo ha funzionato da detonatore. Via lo psico-tappo, Roma liberata e senza più inibizioni occulte. Quando Dzeko ha fatto 2-2 sull’ennesimo scempio della «non difesa» inglese, per qualche minuto si è fatta strada l’illusione del miracolo bis. Si annusava un’aria buona, la Roma era aggressiva e attenta, mentre il Liverpool tremolava davanti a Karius e i tre davanti non veleggiava­no come prima. A frapporsi tra sogno e realtà è stato l’arbitro Skomina, con la collaboraz­ione del guardaline­e Praprotnik e dell’assistente di porta Jug. Prima, sull’1-2, il direttore di gara sloveno, su suggerimen­to dell’assistente Praprotnik ha interrotto per fuorigioco inesistent­e l’azione che avrebbe por- tato a un rigore solare su Dzeko. Poi, sul 2-2, né Skomina né Jug hanno colto il colossale mani di Alexander-Arnold davanti alla porta su deviazione di El Shaarawy. Sviste gigantesch­e che seppellisc­ono l’occhio umano, i giudici di porta tanto difesi da Collina: non esiste che la Champions, la più importante manifestaz­ione del pianeta, più ancora del Mondiale, faccia a meno della Var. Forse esageriamo, ma con il monitor a bordo campo oggi parleremmo di una finale Roma-Bayern. A Kiev andrà il Liverpool, col suo calcio vintage. La Premier League l’ha vinta il City di Guardiola guru del nuovo calcio posizional­e, ma davanti a sua maestà il Real si paleserà una formazione inglese che «schifa» il possesso e che gioca il «kick and run», il calcia e corri britannico del secolo scorso. Parliamone, quantomeno.

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La parata di Alexander-Arnold sul tiro a colpo sicuro di El Shaarawy con la partita sul 2-2: l’arbitro Skomina non se ne accorge, negando alla Roma un rigore solare più l’espulsione del difensore MEDIASET
18’ S.T. MOMENTO CHIAVE La parata di Alexander-Arnold sul tiro a colpo sicuro di El Shaarawy con la partita sul 2-2: l’arbitro Skomina non se ne accorge, negando alla Roma un rigore solare più l’espulsione del difensore MEDIASET
 ??  ?? Parata scandalosa La mano di Arnold al minuto 63 che ha respinto il tiro di El Saarawy. Era rigore
Parata scandalosa La mano di Arnold al minuto 63 che ha respinto il tiro di El Saarawy. Era rigore
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