NON SIAMO LONTANI DA QUELLI DI KIEV
L’eliminazione della Roma in Champions
Ne accadesse uno al mese, non li chiamerebbero miracoli. Stavolta alla Roma non è riuscita la rovesciata spettacolare che ha stecchito il Barcellona.
Ne accadesse uno al mese, non li chiamerebbero miracoli. Stavolta alla Roma non è riuscita la rovesciata spettacolare che ha stecchito il Barcellona. Nulla di extra-naturale. Ma l’imperfetta umanità dei giallorossi merita comunque un’ovazione. I giallorossi hanno cominciato la partita con la necessità di segnare 3 gol, passati in svantaggio si sono trovati nella condizione di doverne fare 4. Al fischio finale, mancava un solo gol all’impresa e gli inglesi si sdraiavano sul prato con il fiatone dei sopravvissuti. In questa Champions, il Liverpool non aveva ancora perso una partita. Quando gli uomini di buona volontà ci mettono cuore e orgoglio, sembrano quasi dei. Brava, Roma.
Peccato. In finale ci va il Liverpool di Maometto Salah. Pruzzo e Conti devono rinfoderare il dito medio. La vendetta dell’84 può attendere. A Kiev si celebrerà un duello nobile che profuma di storia, in campo scenderà il ricordo di 17 Coppe Campioni: 12 ne ha vinte il Real Madrid, 5 il Liverpool. In un Olimpico meravigliosamente pieno d’amore, stavolta è stato tutto troppo scientifico: la Roma ha pagato i suoi errori, i Reds hanno fatto fruttare le proprie qualità. Eppure dopo un’ora di gioco, sul 22, si è alzato un venticello di magia, di quelli che possono mandare a gambe all’aria la realtà. L’arbitro ha ignorato un clamoroso mani in area dei Reds. Sul 3-2, con un uomo in meno, la balbettante difesa di Klopp, avrebbe tremato ancora di più, come già ad Anfield, e i supplementari non sarebbero stati un’utopia. Ma la sliding door non si è aperta e la Roma è stata eliminata. Invece di piangerci addosso, proviamo a riassumere il sugo della storia, come direbbe il Manzoni, perché l’esperienza aiuta a preparare un futuro migliore. La Roma ha segnato 6 gol al Liverpool e la Juve 3 in casa del Real Madrid. Non siamo così brutti come ci dipingono. Ma, per ora, diventiamo belli solo se disperati: la Juve lo ha fatto dopo la pessima prova di Torino, la Roma nel finale di due partite compromesse. Gli altri attaccano e si divertono per cultura, noi per salvarci la vita. Se impareremo ad agire per primi e non a reagire soltanto, faremo il salto di qualità.
Non è un caso che la Roma sia uscita per ultima, perché è stata quella che più ha cercato di equipararsi ai parametri internazionali: coraggio tattico, fisicità, corsa, intensità. Vedi il doppio incrocio con il Chelsea. Senza il suicidio tattico della partita di Anfield, forse... O forse no. Perché in realtà anche ieri il Liverpool ha dato l’impressione di uscire da una partita ritenuta, almeno inconsciamente, troppo semplice. Quando la banda Firmino ha chinato la schiena sulla scrivania e si è concentrata sulla pratica, ha procurato danni, sia a Liverpool che a Roma. La squadra di Klopp è una fiamma che diventa incendio in un amen, appena Salah e Mané aprono il gas. Più che giocare, divampa. Ecco, anche qui il nostro calcio deve crescere: nessuna squadra italiana può concedersi il ritmo folle che il Liverpool ha imposto ad Anfield. In questo senso, il nostro campionato tattico, che ha dilatato i valori tra piccole e grande, non è affatto allenante. E quando mancano equilibrio e partite in bilico, è quasi impossibile allenare una concentrazione feroce che in Champions poi fa la differenza. Avete visto ieri l’allegro passaggio al centro di Nainggolan che ha mandato in gol Mané? Juve e Roma sono state bastonate da sviste arbitrali, ma sono state eliminate soprattutto dalle sciagurate letture difensive di Benatia e Manolas. Pensiamoci, lavoriamo, miglioriamo e convinciamoci: non siamo poi così lontani dalle finaliste di Kiev.