Il tributo a Bartali, un eroe di pace
●Israele conferisce la cittadinanza onoraria al campione toscano che pedalò per salvare centinaia di ebrei
La voce di Gioia Bartali si strozza all’ultima frase: «In piedi davanti a voi non mi sento sola, perché mio papà Andrea (morto nel giugno scorso, ndr) e mio nonno Gino sono qui al mio fianco». Si commuove, si scusa la nipote del campione, scomparso il 5 maggio 2000. La portavoce di Yad Vashem, il luogo che meglio di ogni altro ricostruisce la follia dei campi di sterminio, la stringe. Poco dopo le consegneranno il certificato incorniciato che conferisce al nonno la cittadinanza onoraria di questa Nazione. Poco prima, una cantante aveva intonato la colonna sonora de «La vita è bella» di Piovani: in inglese e in ebraico. Ascoltarla sotto il cielo di un luogo così sacro, in mezzo ai nomi dei 26mila eroi, che qui chiamabrava no Giusti, mette brividi di freddo in una giornata col sole a picco e temperature da Ferragosto.
PISTA E’ la giornata di Gino Bartali e non sarà la sola di questa settimana. In mattinata, a 50 chilometri da qui, nel bosco di Haruvit del Keren Kayemeth LeIsrael Italia, gli hanno intitolato una pista ciclabile. Anche il Giro n.101, la Corsa che fu sua tre volte e scatta domani con la cronometro qui a Gerusalemme, porterà il suo nome. E in mezzo a questo giardino così silenzioso, lo Stato d’Israele lo riconosce come un suo cittadino. E’ accaduto di rado agli oltre 26mila Giusti che gli fanno compagnia. Giusto fra le Nazioni lo era diventato nel 2013, il suo nome scolpito in un marmo chiaro insieme a quelli di oltre 600 italiani che come lui rischiarono la vita per salvare quella di altri, spesso estranei. La storia è nota. I suoi allenamenti da Firenze ad Assisi (e anche a Genova), che mascheravano pericolosissimi viaggi con documenti falsi infilati nel telaio della bici. La sua fama di campione per bucare i posti di blocco tedeschi e fascisti. Foto con i nemici e via a consegnare lasciapassare preziosi per la Svizzera: la salvezza per molti ebrei.
LACRIME Descrivono le motivazioni che hanno portato all’onorificenza: «Nel mucchio degli indifferenti che guardavano dall’altra parte, Bartali seguì la sua coscienza di buono». La nipote Gioia spalanca gli occhi ancora lucidi: «Nonno Gino era di una dolcezza infinita: gentile e di buonumore. Non avrei mai immaginato che avesse contribuito a salvare tanta gente. Per anni neppure mio padre sapeva. Il nonno gliene parlò per la prima volta durante un viaggio con la promessa di non rivelare mai nulla: Lo farai quando sarà il momento, gli disse». Sylvan Adams, il filantropo canadese che sponsorizza la Israel Cycling Academy, primo (e unico) team israeliano a partecipare a un grande Giro, dice: «E’ stato un eroe italiano, ma è anche un eroe degli ebrei».
EROE A Yad Vashem è venuta tutta la squadra, che da quando è stata ammessa fra i professionisti nel 2015 pedala in sua memoria. C’è riconoscenza sincera e genuina: è un Paese che desidera sdebitarsi con chi ha messo a repentaglio la propria vita. Non c’è tristezza nel ricordare. Anzi. E’ la forza del passato, atroce, che ha permesso di costruire il presente e marciare nel futuro. Sopra il giardino incombe un monumento, che non è una stele e neppure una statua. Solo un monito: un carro bestiame su dei binari mozzi. La perfetta riproduzione di quelli che trasportavano persone come fossero animali verso la Soluzione Finale. «C’è un detto ebraico che vorrei citare: chi salva una vita, salva il mondo intero», dice l’ambasciatore italiano in Israele, Gianluigi Benedetti. E aggiunge: «Quando rischi la tua vita per gli altri, vuol dire avere fede nell’umanità». E Gino aveva una fede infinita. Gioia lo conferma: «Era un uomo di pace». Spiega dal palco il direttore del Giro, Mauro Vegni: «L’ho incontrato personalmente Ginettaccio: sem- fatto di una scorza dura, ma aveva un animo buono. Scelse il bene sulla malvagità in un momento difficile per il nostro Paese».
CONTRO IL MALE Un israeliano in platea suggerisce: «La sua non è stata solo una corsa sportiva contro gli altri, ma contro il male». E’ il concetto che l’attore e trasformista, Ubaldo Pantani, ha portato a teatro: «Conoscevo il Bartali corridore. Il suo lato eroico l’ho scoperto come molti solo di recente. Ma senza il campione non ci sarebbe stato l’eroe e senza l’eroe non avremmo avuto il campione». Il debutto del suo spettacolo è stato qui: ieri sera, nel cuore di Gerusalemme. Poi da ottobre inizierà una tournée in giro per il nostro Paese. Da Israele all’Italia e viceversa: come uno dei suoi viaggi in bici con cui salvò molte persone.
>Intitolata a «Ginettaccio» una pista ciclabile nel bosco di Haruvit
>L’ambasciatore Benedetti: «Chi salva una vita salva il mondo e Gino rischiò»