Cinque anni fa un altro lutto per l'Amatori Parma Ma il rugby previene e pensa ai test della saliva
Cinque anni fa, a Gainesville, in Florida, moriva Alberto Cigarini, azzurro di rugby a sette, cresciuto nell'Amatori Parma. Vittima di uno scontro di gioco in allenamento nel quale fu colpito al collo. Cinque anni dopo a Parma si piange ancora per una tragedia simile. Il tema delle concussion nel rugby mondiale è diventato dibattito cruciale. Ci sono stati - pochi - casi di morti per colpi al capo (si ricordano i neozelandesi Nicky Allen nel 1984 e William Halaifonua nel 2013). Abbiamo avuto in passato drammi per danni alla spina dorsale, come nel 2012 alla capitana del Kenya Aberdeen Shikoyi. E come Giancarlo Volpato, rimasto tetraplegico. Per questo il rugby è all'avanguardia rispetto a tutte le altre discipline sportive. La tutela della salute, soprattutto dei ragazzi e del rugby di base, ha spinto a modificare le regole di ingaggio nelle mischie ordinate, ha portato all'istituzione di un protocollo specifico sulle concussion. Non senza polemiche. Ancora oggi il vero problema del rugby è il «sentirsi invincibile». Greg Smith, ex nazionale delle Figi, smise per i danni cerebrali causati da ripetuti colpi al capo. «Ho vissuto come uno dalla testa dura. E sul campo ho continuato pensando così. Ora pago con mille problemi, compresa la depressione». Come Smith ancora oggi c'è chi si nasconde il problema. Dane Coles, tallonatore degli All Blacks, appena un anno fa fece di tutto per tornare a giocare nonostante i ripetuti mal di testa. Gli esami clinici avevano escluso problemi, ma i medici lo fermarono per tre mesi. Il canadese Cudmore confessò
●Il problema è sentirsi invincibili e non cogliere i segnali di allarme. Nuove norme cruciali per evitare drammi
all'epoca alla Gazzetta dello Sport che quando giocava al Clermont il medico gli chiese di rientrare in campo benché frastornato, perché anche l'altra seconda linea aveva accusato un problema alla testa. «Era la semifinale di Champions Cup coi Saracens. Rientrai e finii il match. In finale subii altri due colpi e iniziai a vomitare».
AVANGUARDIA Va detto che il rugby, con la Commissione di studio di World Rugby sulle concussion, sta facendo passi da gigante nella prevenzione. Trovando grandissima attenzione e severità nel rispetto del protocollo soprattutto nei paesi anglosassoni. In Inghilterra si è arrivati a progettare un miglioramento dei test per verificare l'esistenza di una commozione cerebrale usando la... saliva. Si è infatti scoperta l'esistenza di una correlazione tra l’evoluzione di alcuni parametri molecolari presenti nella saliva e un colpo alla testa. Ma è dura riconoscere i segnali senza fare una Tac, che è impossibile in campo. Basta ricordare quanto accaduto alla povera Lily Patridge, 22enne, nel 2015 a North Tawton, in Inghilterra. Dopo un placcaggio tornò ad allenarsi. Accusò poco dopo un forte mal di testa e morì il giorno dopo. Si scoprì poi che aveva sofferto di un colpo alla testa qualche giorno prima. Che le fu fatale dopo giorni. La prevenzione è essenziale. Capirlo è indispensabile. Ma, va detto, quel che è successo alla povera Rebecca, per quanto sappiamo al momento, è frutto di una dinamica unica, incredibilmente fatale.