La Gazzetta dello Sport

«TRE ANNI FA A GENOVA HO REALIZZATO UN SOGNO» ELIA VIVIANI SUL PRIMO SUCCESSO AL GIRO «Almeno tre tappe e la maglia ciclamino È la mia occasione»

●L’eroe di Rio prenota un Giro da protagonis­ta per la definitiva consacrazi­one

- Ciro Scognamigl­io INVIATO A GERUSALEMM­E twitter@cirogazzet­ta

Vincere ancora, e poi ancora, e ancora. Senza troppi giri di parole, Elia Viviani è venuto al Giro per questo. Per concedersi e concedere un’esibizione che ricordi le edizioni in cui l’Italia esultava per le volate rosa dominate da Alessandro Petacchi o Mario Cipollini. All’edizione 101 i grandi riferiment­i stranieri dello sprint hanno marcato visita: il 29enne veronese della Quick-Step Floors invece no, non se la sarebbe persa per nulla al mondo. C’è un romanzo rosa da cominciare a (ri)scrivere.

Viviani, le va di cominciare dai tre flash simbolo della sua storia finora al Giro, che è pronto ad affrontare per la quinta volta?

«Ci sto, anche se so benissimo quali siano e sono più negativi che positivi. Però così mi impegnerò maggiormen­te per ribaltare la proporzion­e».

Cominciamo dal suo debutto, nel 2013: subito volata di Napoli, vincerla significa prendersi anche la prima maglia rosa. Obiettivo a portata di mano. E invece Cavendish…

«Ero in Liquigas e da un po’ insistevo con il d.s. Zanatta e il manager Amadio: ‘Portatemi al Giro’. I miei compagni fanno un lavoro super, Cavendish anticipa sulla destra, io perdo mezza pedalata sulla sinistra, alle transenne. Goss in mezzo a noi. Non rimonto. Secondo. Una delle delusioni che mi sono più rimaste dentro».

A Genova, nel 2015, l’unico successo di tappa.

«Sogno realizzato. Una caduta pochi chilometri prima, e volata caotica. Sono con Sky, Puccio e Eisel mi guidano alla perfezione. Zig-zag, la strada sale, Greipel parte lungo e si pianta. Io vinco e la dedico al mio storico meccanico Farronato, mancato poco tempo prima».

L’ultima partecipaz­ione nel 2016: ottava tappa da Foligno ad Arezzo. Fuori tempo massimo.

«Inizio storto, pioggia, subito tre chilometri di salita, ritmo altissimo, mai un rilassamen­to. Non riesco a rientrare. La testa mi dice di fermarmi, l’inconscio no. Voglio tagliare il traguardo, e lo faccio. A 48 minuti. Vado a casa dopo 8 giorni, non lo immaginavo. Qualche mese dopo ci sarebbero stati i Giochi di Rio e mi dico ‘Questa botta la dimentico solo con l’oro nell’Omnium’. Fatto. Però, in realtà, non l’ho dimenticat­a. Qui voglio cancellarl­a definitiva­mente».

Quante occasioni pensa di avere a sua disposizio­ne?

«Sei sicure, o quasi. Le due tappe in linea israeliane, Praia a Mare, Imola, Nervesa della Battaglia, Roma. Iseo… la considero da conquistar­e».

A fine del Giro sarebbe contento se…

«Beh. Prima cominciamo a vincere una tappa… Tre successi sarebbero un bel bottino. E poi, io sono qui per finire la corsa. Dunque, la ciliegina sulla torta sarebbe la maglia ciclamino dei punti».

Farà la cronometro a tutta, cercando di contenere il distacco per tenersi a portata di rosa con gli abbuoni nei giorni successivi?

«Sarebbero venti secondi con due vittorie, ma rispetto ai migliori su quasi 10 chilometri di cronometro rischio di perderne di più. Non so quanto abbia senso».

Da Greipel a Cavendish, da Kittel a Groenewege­n, i big stranieri delle volate non ci sono. Questo semplifica la vita?

«Potrebbe addirittur­a complicarl­a, nel senso che potremmo vedere sprint più caotici. Io ho tante responsabi­lità perché principalm­ente la squadra è composta dal mio treno (l’anno scorso Fernando Gaviria, ora suo compagno di squadra, con gli stessi colori fece poker al Giro conquistan­do la maglia ciclamino, ndr). Ma io sono contento di averle, queste responsabi­lità. I velocisti chiedono sempre il supporto del team, io ora ce l’ho al cento per cento. Il Giro è l’obiettivo principale della stagione per me, ho una grande occasione per dimostrare che la mia consacrazi­one tra i velocisti di punta, dopo il bell’inizio di stagione (sei successi, 2° alla GandWevelg­em dietro Sagan, ndr) sta continuand­o».

In che forma è arrivato? Al recente Romandia ha sofferto, mentre l’anno scorso era arrivato un successo di tappa. Anche se non le era bastato, visto che fu escluso dalla selezione di Sky per il Giro…

«Situazioni diverse, perché nel 2017 avevo fatto le classiche fino alla Roubaix e sull’onda di quella forma ero arrivato al Romandia. La mancata convocazio­ne per il Giro mi aveva dato una motivazion­e extra ed ero riuscito a vincere. Stavolta ho ‘staccato’ un po’ prima e ho lavorato in maniera specifica per il Giro. Era previsto che soffrissi al Romandia, così è stato. Qui penso di essere arrivato nel migliore dei modi. Sono impaziente. Non vedo l’ora di cominciare».

Diamo un occhio ai nomi per la maglia rosa di Roma, lei è fuori dalla mischia. Chi vincerà?

«Io dico Froome e non solo perché lo conosco bene (sono stati compagni di squadra tra a Sky per tre stagioni, ndr). Con la pressione che ha addosso Chris per la vicenda del salbutamol­o, si potrebbe considerar­e la sua impresa più importante».

IERI E OGGI

Elia è alla quinta partecipaz­ione: nel 2013 a Napoli sfiorò la maglia rosa

Il 2018 è partito benissimo: 6 centri. Ma che rabbia il 2° alla Gand-Wevelgem

«QUI LA QUICK-STEP PUNTA TUTTO SU DI ME: SONO PRONTO A ESSERE IL FARO»

ELIA VIVIANI SULLA NUOVA SQUADRA

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