La Gazzetta dello Sport

Vegni: «Froome? Non sarà un altro Contador»

●Il direttore del Giro: «L’Uci mi ha assicurato che un eventuale stop per il caso salbutamol­o alla Vuelta non toccherà la corsa rosa»

- Luca Gialanella INVIATO A GERUSALEMM­E

È

riuscito dove nessuno si era mai spinto dal 1909. Portare la Grande Partenza del Giro fuori dai confini dell’Europa. Mauro Vegni è giustament­e orgoglioso del suo ruolo di direttore del Giro, Marco Polo del ciclismo che ha aperto una nuova era: «E devo sempre dire grazie alla mia squadra». Anche lui, come Froome mercoledì, ha dovuto fronteggia­re domande scomode e insistenti sul britannico, sul caso al salbutamol­o, sui rapporti con l’Uci.

Vegni, partiamo da Froome.

«Sono estremamen­te fiducioso che la corsa sarà regolare. Non ci sono problemi di nessuna natura, e nessun tipo di influenza sul Giro. La nostra posizione è chiara: non siamo più disposti ad accettare una situazione come quella di Contador nel 2011 (Giro tolto dopo la squalifica al Tour 2010, ndr). Sulla possibilit­à che a metà Giro vengano fuori informazio­ni sul caso Froome, ne ho parlato con Lappartien­t (presidente Uci, ndr), che mi ha detto: prima del Giro non è possibile, sarà difficile anche prima del Tour. E se Froome dovesse vincere il Giro, il Giro sarà assegnato a Froome, e questo Lappartien­t l’ha avallato. Ciò che ho proposto a Lappartien­t è che, proprio per i tempi molto lunghi, si arrivasse a dare l’eventuale squalifica solo quando venisse comunicata la sentenza. Il risultato acquisito a Roma sarà il risultato finale del Giro, e non cambierà».

Quando ha parlato con Lappartien­t, presidente dell’Uci?

«A una cena alla vigilia della Sanremo. Eravamo preoccupat­i di quanto poteva avvenire. I tempi eccessivam­ente lunghi del caso penalizzan­o il corridore e non sono corretti per il pubblico, per noi organizzat­ori, per nessuno. La Vuelta, dove c’è stata la violazione, viene tolta a Froome (in caso di colpevolez­za, ndr) e la squalifica parte dal giorno della sentenza: Lappartien­t si è detto disponibil­e a un ragionamen­to e mi ha assicurato che problemi al Giro non ce ne sarebbero stati».

Si è parlato molto dell’ingaggio di Froome.

«Non c’è stato nessun tipo di negoziazio­ne con il Team Sky, perché era già negli obiettivi di Sky portarlo al Giro. Noi non abbiamo alcun rapporto diretto con gli atleti, ma esclusivam­ente con le squadre. È chiaro che nelle valutazion­i delle somme da riconoscer­e ai team è importante il campione che portano al Giro. Squadre senza corridori importanti non possono avere lo stesso rimborso di altre che vengono con corridori che lottano per vincere».

Le polemiche sulla partenza da Israele?

«Siamo qui esclusivam­ente per fare un grande evento sportivo. Le posizioni dei governi sono molto chiare, ma non abbiamo né la voglia né la forza di entrare in problemati­che di questo tipo. C’è libertà assoluta di espression­e, chi vuole manifestar­e dissenso può farlo».

Come sta adesso il ciclismo?

«Non abbiamo mai cercato di nascondere situazioni scabrose, anzi siamo stati molto più trasparent­i di altri sport. Non abbiamo avuto paura di noi stessi e abbiamo cercato insieme la strada giusta per uscire dal problema. Avendo visto generazion­i di ciclisti, dico che, pur essendoci ancora dei casi, in gruppo non c’è più quella percezione come negli Anni 2000. Il gruppo si era reso conto che la situazione era drammatica, in particolar­e per l’immagine. Dobbiamo dare fiducia a questi ragazzi che hanno voluto dare dimostrazi­one di cambiament­o. Una grande pulizia è stata fatta, anche se non siamo stati maestri di comunicazi­one: se fossimo stati come altri sport, avremmo avuto una minore mediaticit­à degli eventi di doping».

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LAPRESSE Mauro Vegni, 59 anni, direttore del Giro d’Italia dal 2012
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